La Statua di Visnù
racconto commentato e illustrato


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           Alzatosi di scatto, con terrore aveva constatato la scomparsa del vecchio servo che poco prima vegliava a pochi passi dalla tenda. Lo chiamò ripetutamente per nome senza ottenere risposta. Solo gli pareva di udire, verso l'apertura delle caverne, un sordo mugolio accompagnato da uno strano rumore che pareva prodotto dal frangersi di ossa sotto una stretta formidabile.

- Che qualche tigre abiti la caverna e lo abbia azzannato? - si chiese.

Konhor era giovane, ma aveva sangue guerriero nelle vene; perciò decise di andare tosto in cerca del vecchio servo e di vendicarlo nel caso che qualche belva lo avesse portato via per divorarlo.

Presa una decisione, egli non era uomo da riflettere, qualunque fosse il pericolo. Avendo portato con sé delle torce, ne accese una, impugnò il suo jatagan 13 dalla lama larga e pesante e dal filo acutissimo, e si diresse coraggiosamente là dove aveva udito quel rumore, ossia verso l'entrata delle misteriose caverne.

Temendo di venire da un momento all'altro assalito da qualche tigre, belve che abbondano nelle giungle indiane e nei luoghi poco frequentati, procedeva con precauzione, stringendo con mano sicura l'jatagan.

Era giunto quasi dinanzi ai colonnati dell'entrata, quando dietro ad un cespuglio vide improvvisamente alzarsi una enorme tigre reale 14 che aveva il muso insanguinato.


Abbagliata dall'improvviso sprazzo di luce della torcia che Konhor teneva in mano, spalancò le mascelle mandando un lungo ruggito che echeggiò spaventosamente nella notte, poi con un balzo immenso fuggì verso l'entrata delle caverne, scomparendo fra le tenebre.

La mossa era stata così rapida, che il giovane indiano non aveva avuto nemmeno il tempo d'alzare l'jatagan e di vibrarle un colpo. Era appena scomparsa, quando i suoi occhi caddero su un corpo umano che giaceva disteso dietro il cespuglio.
Era il cadavere del vecchio e fedele servo. La tigre doveva essergli piombata addosso a tradimento mentre vegliava presso i fuochi, o, più verosimilmente, mentre si era allontanato per fare un giro intorno alla tenda, e poi averlo portato via.
I denti acutissimi della belva gli avevano stritolato la cassa cranica e la morte doveva essere stata istantanea.

Konhor, addoloratissimo, trascinò il cadavere fino all'accampamento per impedire alla tigre di divorarlo. Pianse tutta la notte poiché amava molto il vecchio servitore.
Quando l'alba sorse, Konhor, che aveva giurato di vendicarlo, preparò le sue armi e si diresse audacemente verso l'entrata della caverna.

Ormai aveva capito chi era l'essere misterioso che uccideva tutti i cercatori del tesoro sotterraneo.

Si trattava di una di quelle terribili tigri solitarie che gli indiani, con una frase efficacissima, chiamano "mangiatrici d'uomini 15".
Sono per lo più tigri vecchie e perciò pericolose quanto astute, sebbene meno leste e meno pronte delle altre e cercano solitamente un rifugio nelle pagode diroccate o nei templi sotterranei. E' la che attendono il passaggio dell'uomo, e non si nutrono che di carne umana. Così diventano le più temute, perché per procurarsi quella carne osano inoltrarsi perfino nei villaggi.






13 Torna suArma dalla lama a taglio singolo lunga circa 50 cm. Si tratta cioè di una via di mezzo tra un coltello e una sciabola. Originario dell'Europa orientale si diffuse poi in Asia Minore, divenendo l'arma tipica dell'esercito turco, ed in alcune regioni del Nord-Africa. Non era quindi un'arma tipica dell'India. L'equivalente indiano dello jatagan era il tarwar o talwar, arma di cui di solito Salgari fornisce i suoi eroi indiani.

14 Torna suO tigre del Bengala. E' una delle cinque sottospecie ancora presenti in natura. La sua popolazione attuale è stimata in meno di 4 mila unità, ripartite non più su tutto il territorio indiano ma nei soli parchi nazionali.

15 Torna suSalgari riprende questa definizione dal libro "L'India dei Rajah" del viaggiatore francese Louis Rousselet. Questi riporta (pag.139) che secondo gli indiani una tigre che abbia assaggiato una volta la carne umana non possa più mangiarne di nessun'altra specie. Si tratta di solito di animali anziani che non riescono più a cacciare le prede abituali divenute per loro troppo veloci.


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E.Salgari
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