Il principe, udendo quelle parole, fece una smorfia: non si aspettava una simile rivelazione. Il giovane era bello, apparteneva ad una casta guerresca da tutti rispettata, ma trovava troppo alta l'ambizione sua.
- Sia pure - gli disse. - Tu avrai la mano di mia figlia se riuscirai a portarmi la statua del dio.
Pensando però che al pari degli altri non sarebbe più tornato, ed avendo d'altronde data ormai la parola, credette opportuno non ritirare la promessa.
- Grazie, principe - rispose il giovane. - Domani all'alba partirò per le caverne.
- Chi ti condurrà?
- Un vecchio servo, che al pari di me non ha paura: conosce quei luoghi per esser nato nei dintorni delle caverne.
Quando il giovane uscì dalla reggia, più nessuno gli rise sul viso. La sua calma, la sua fermezza e la sua audacia si erano imposte a tutti i cortigiani del principe, i quali cominciavano a credere che egli sarebbe riuscito.
L'indomani Konhor, così si chiamava quel giovane, dopo aver fatto mandare un mazzo di peonie fiammanti alla figlia del principe che segretamente non era rimasta insensibile alla passione di quel bel guerriero, partiva per le misteriose caverne di Ellora, deciso a riuscire o a lasciar la vita nell'impresa. Si era armato fino ai denti ed era accompagnato dal vecchio indiano che lo aveva veduto nascere e lo amava come fosse suo figlio.
Non fu che verso il tramonto che giunse nei dintorni delle caverne, le quali costituiscono anche oggi una delle meraviglie della grande penisola indostana.8
Più che caverne, sono antichi templi sotterranei, ornati di bassorilievi meravigliosi e sorretti da colonne scavate a forza di scalpello nella viva roccia, con stanze e sale che indicano anni e anni di lavoro continuo, ordinato, credesi, dai possenti monarchi mongoli di vari secoli prima di Cristo.Alte e massicce mura, che formano ordinariamente più recinti quadrati, s'innalzano attorno alle caverne, con porte sormontate da torri piramidali, dette cobrows, coronate da una rotonda massa di prodigiosa grossezza, tutte ornate di figure rappresentanti le vittorie o le disgrazie degli dei.9
Quelle caverne si allontanano assai nel seno di una catena di montagne, formando una serie infinita di cappelle dedicate per lo più a Darmadeve 10, dio della virtù, rappresentato sotto la figura di un bue, e che ricevono luce solo da una bassissima porta, sicché sono tutte assai oscure.Konhor ed il suo vecchio servo, sapendo che potevano correre dei gravi pericoli, decisero di attendere l'alba prima dì addentrarsi in quelle misteriose caverne che parevano abitate da Darma-Ragia 11, la dea della morte e del fuoco.
Avendo portato con sé una piccola tenda e delle provviste, si accamparono di fronte all'ingresso principale dei templi sotterranei col proposito di vegliare assiduamente, per turno, temendo che sotto le volte tenebrose si nascondessero delle belve feroci.
Accesi quattro fuochi, in modo da circondare il piccolo accampamento, e cenato alla lesta, armarono le due carabine 12 e le pistole e attesero pazientemente che il sole diradasse le tenebre.Konhor, che doveva vegliare dopo la mezzanotte, si era appena addormentato presso uno dei quattro falò, quando improvvisamente fu destato da un grido terribile, straziante, che era echeggiato a breve distanza.
8 L'Indostan è la regione posta a oriente dell'Indo e a occidente del Gange, delimitata a nord dalla catena della Himalaia e a sud dall'altopiano del Deccan. Dal persiano "hindustan" che significa "il paese (stan) del fiume Indo (Hindu)".
9 La descrizione delle caverne e dei templi di Ellorta è ripresa quasi interamente dal Ferrario. Nel Ferrario originale non vi sono riferimenti ai monarchi mongoli, che sono una aggiunta di Salgari, e le torri piramidali che sormontano gli ingressi sono indicate come cobrom e non cobrows. Quest'ultima è una parola inglese formata da cob: mattone crudo e row: fila. La parola sanscrita per indicare le grandi torri che sovrastano gli ingressi dei templi è gopuram.
10 Le informazioni su questa divinità sono tratte integralmente dalla descrizione che il Ferrario fa dei templi di Ellora. Darmadevé o Dharmadevè è uno dei nomi con cui viene indicato Nandi (o Nandin), il toro che, grazie alla severa ascesi praticata, riuscì ad ottenere il privilegio di divenire il veicolo di Shiva. Il toro è la personificazione della giustizia, della virtù e della legge morale, cioè l'insieme di leggi morali e sociali, detto in sanscrito dharma, che devono guidare l'azione umana.
11 Dal sanscrito Dharma Ràjà. E' uno degli epiteti di Yama, dio induista della morte. Nelle immagini è rappresentato a cavallo del bufalo, suo veicolo, ed ha in mano la mazza con cui stronca la vita dei mortali ed il laccio con cui "lega" le vittime. Dharma Ràjà significa letteralmente "signore della giustizia" e sta ad indicare che, come giudice dei morti, punisce i colpevoli e premia i meritevoli. Anche le informazioni su Dharma Ràjà furono tratte dalla citata opera del Ferrario.
12 Arma da fuoco portatile che ebbe grande diffusione a partire dalla seconda metà dell'ottocento quando si trovò il modo di costruirle a retrocarica. Erano armati di carabina i corpi speciali. Rispetto al normale fucile della fanteria la carabina della cavalleria era più corta mentre le carabine dei corpi speciali erano armi dal tiro più rapido e preciso.
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