Le stragi della China. Avventure nell’Estremo Oriente

[Il sotterraneo della morte]



Le stragi della China. Avventure nell’Estremo Oriente, fu pubblicato in prima edizione a Palermo, dalla casa editrice Salvatore Biondo, nel 1901, con lo pseudonimo (il più utilizzato fra tutti gli pseudonimi salgariani) di cap. Guido Altieri[1] e con illustrazioni di Corrado Sarri.
Il solo primo capitolo del romanzo (Le rovine di Khang-Li) era già apparso il 23 maggio 1901 sul n. 21 del periodico per fanciulli «Il Giovedì», edito dagli Speirani di Torino.[2] Nel 1902 la casa editrice Biondo ripubblicò il romanzo a dispense, sempre a firma di cap. Guido Altieri, con 43 illustrazioni di Corrado Sarri e con l’apocrifo titolo Il sotterraneo della morte (rimasto in molte ristampe fin quasi ai nostri giorni, anche nella collana «I capolavori di Emilio Salgari» pubblicata dalla casa editrice Viglongo di Torino fra il 1945 e il 1967 e nel più recente reprint del 1995 della casa editrice Newton & Compton di Roma, curato da Bruno Traversetti).[3] Il nome di Emilio Salgari comparve successivamente, a partire da una non datata edizione della I.R.E.S. di Palermo (nella quale era confluita l’ormai soppressa casa editrice Biondo), e quindi, a far data dal 1926, nelle edizioni salgariane della casa editrice Sonzogno di Milano.[4]

Siamo nel 1900, in Cina. Da poco è scoppiata la rivolta dei boxers, il cui fine è quello di liberare il paese dagli odiati europei. Una “liberazione” cruenta e spietata, che prevede vere e proprie stragi compiute in nome della patria. Gli europei sono ferocemente braccati e cadono colpiti a morte in ogni parte del paese, specialmente nella capitale Pechino.[5] L’odio nei confronti degli europei è violento e inestinguibile, sia per gli interessi commerciali che essi rappresentano e che compromettono i contrapposti interessi degli orientali, sia soprattutto per la religione cristiana che essi (e soprattutto i sacerdoti e i missionari) cercano di proporre alla popolazione del Celeste Impero in maniera sempre più invasiva e convincente, rischiando di alterare le tradizioni avite e di sostituire gradatamente con l’unico vero Dio dei cristiani le venerate divinità degli antenati.

In questo quadro di stragi, di odio e di morte si colloca la trama della narrazione, che prende avvio la sera del 14 giugno 1900. Nella missione cristiana situata all’estrema periferia della regione di Pechino, in una Cina ormai in preda alle scorribande feroci dei boxers assetati di sangue europeo, vive un missionario siciliano appartenente all’ordine dei Camilliani, padre Giorgio Muscardo, insieme al fratello Roberto, un ex-bersagliere intrepido e coraggioso, e al di lui figlio Enrico, ragazzo di appena diciassette anni ma già audace e valoroso come il padre. Il potente mandarino Ping-Ciao, uomo ricchissimo e vendicativo, nutre un profondo e inveterato odio nei confronti di padre Giorgio, poiché, a suo modo di vedere, questi è stato la causa principale della conversione al Cristianesimo del proprio diletto figlio Wang. Per poter catturare il missionario italiano e così vendicarsi del torto subìto (o almeno di quello che egli ritiene sia stato un torto), Ping-Ciao non esita a prestare ascolto ai consigli di Sum, il bieco ufficiale della guardia che nutre anch’egli un odio profondo nei confronti degli europei (perché uno di essi gli ha ucciso il fratello) e ad allearsi con le bande dei “boxers”, stipulando un patto scellerato col capo del “Giglio Azzurro”, una società segreta anti-europea e anti-cristiana che annovera un’impressionante quantità di affiliati ferocissimi e pronti a qualsiasi misfatto. A nulla vale il coraggio di Roberto Muscardo che, da parte sua, ha organizzato un piccolo drappello di volontari per combattere sino allo stremo ed evitare che il fratello Giorgio venga catturato e ucciso. Padre Giorgio, infatti, muore in nome della propria fede, chiedendo cristianamente perdono per i propri carnefici. Ma anche Ping-Ciao sconta le proprie colpe, venendo ucciso a sua volta. Il giovane e leale Wang, che ha raccolto le ultime volontà del padre morente, salva alla fine Roberto ed Enrico affidandoli a mani amiche e promettendo che impegnerà tutto il resto della sua vita nella strenua difesa del Cristianesimo in Cina.

A torto considerato un romanzo minore (soprattutto alla luce del fatto che esso fu pubblicato sotto pseudonimo), Le stragi della China è invece «un buon testo che, in certa misura, segna un ritorno alle origini, perché si lega, come i primi romanzi di appendice scritti da Salgari, a vicende storiche a lui contemporanee su cui s’appuntavano l’attenzione dei governi europei e l’interesse della stampa americana ed europea, compresa quella italiana».[6] Si tratta anzi forse del caso più eclatante in tal direzione: Bruno Traversetti ha infatti scritto che, «come pochi anni dopo, durante la guerra russo-giapponese, avverrà per L’eroina di Port Arthur, il romanzo chiama in causa, con tempestività più giornalistica che romanzesca, non semplicemente fatti o personaggi della storia vicina, bensì una “tranche” viva e dolente della stessa cronaca contemporanea: un quadro di eventi che, mentre Salgari scrive, e poi quando il romanzo esce, sono ancora in corso. L’azione si svolge, infatti, nell’estate del 1900, nel momento in cui in Cina giungeva alla massima virulenza la rivolta dei boxers, la cui conclusione militare e politica si ebbe soltanto nel 1901: l’anno stesso, appunto, in cui Il sotterraneo della morte fu pubblicato».[7] Lo stesso Traversetti, autorevole studioso salgariano, ha affermato inoltre che Le stragi della China è un felice romanzo d’azione, dominato dal gusto primario dell’avventura, dall’esaltazione del rischio e del coraggio, «ma obbedisce anche all’esigenza di una minuziosa ridescrizione del mondo derivante dalla massima espansione delle conquiste coloniali, dai rapidi progressi della scienza nell’Europa del positivismo e dell’industria, e dalla crescente alfabetizzazione popolare che comportava già, nel nuovo stato unitario, l’aumento considerevole della lettura e della domanda di conoscenza». Esso offre, dunque, due possibili piani di lettura: «Lo slancio nel territorio dell’eroico, dell’eccessivo, del mitografico, e l’assunzione della realtà storica a fondamento della trama narrativa».[8]

 


Armando Bisanti



NOTE:

[1] Cfr. F. Pozzo, Nella giungla degli pseudonimi salgariani, in «Quaderni di Storia» 45 (1997), pp. 155-167; E. Salgari (cap. Guido Altieri), I racconti della «Bibliotechina Aurea Illustrata» dell’editore Biondo di Palermo, a cura di M. Tropea, III voll., Torino, Viglongo, 1999-2002 (su cui mi sono ampiamente intrattenuto ne Il ritorno di Emilio Salgari, in «Critica Letteraria» 32,2 [2004], pp. 363-397); C. Gallo - F. Pozzo, La breve parabola letteraria del capitano Guido Altieri, in E. Salgari (cap. Guido Altieri), I racconti della «Bibliotechina Aurea Illustrata», vol. I, cit., pp. XLIX-LVI.

[2] È forse superfluo rammentare che il periodico usciva, appunto, ogni giovedì, giorno che, a quel tempo (e prima del famigerato “sabato fascista”), era giorno di vacanza infrasettimanale per gli allievi delle scuole italiane.

[3] E. Salgari, Il sotterraneo della morte, a cura di B. Traversetti, Roma, Newton & Compton, 1995.

[4] Per queste notizie bibliografiche sul romanzo ho attinto largamente a V. Sarti, Nuova bibliografia salgariana, Torino, Pignatone, 1994, p. 73.

[5] Si pensi al film 55 days at Peking (55 giorni a Pechino), di Nicholas Ray (USA 1962), con Charlton Heston, Ava Gardner e David Niven.

[6] C. Gallo, Un eroe missionario durante la rivolta dei «boxers», in E. Salgari, Le stragi della China, Milano, Fabbri, 2003, p. 5.

[7] B. Traversetti, Introduzione a E. Salgari, Il sotterraneo della morte, cit., p. 9.

[8] Ivi, pp. 8-9.


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