LE GUERRE DEL MYSORE (1767 - 1799)
Lo stato dell’India meridionale del Mysore era governato,
nel XVIII secolo, dalla dinastia indù dei WODEYAR. Al comando del loro esercito
era HAIDAR ALÌ, un devoto musulmano. Questi respinse gli attacchi dei Maratti
al Mysore (1758) e poi, grazie alla propria popolarità ed alla fedeltà
dell’esercito alla sua persona, estromise dal potere la famiglia dei Wodeyar
(1761) con un incruento colpo di stato.
In breve tempo, sfruttando la
potenza e la velocità della propria cavalleria leggera e la moderna artiglieria
di cui il proprio esercito era dotato, ampliò notevolmente i confini del Mysore. La potenza dell’esercito del Mysore risiedeva nella
perfetta organizzazione, ripresa da quella degli eserciti europei:
·
salari
elevati e pagati regolarmente
·
utilizzo
di ufficiali francesi
·
organizzazione
di unità moderne di fanteria
·
cavalli
dell’esercito mantenuti a spese del governo e non dei singoli cavalieri come
avveniva per gli altri eserciti indiani
·
creazione
di un servizio di assistenza medica
L’accrescersi
della potenza del Mysore preoccupò il vicino Nizam di Hyderabad (anche lui
seguace di Maometto, si badi bene) che si alleò con gli Inglesi a loro volta
preoccupati da possibili mire espansionistiche del Mysore di Haidar Alì verso le
zone carnatiche. Il Carnatico è la zona sudorientale dell’India, gli attuali
stati indiani del Tamil Nadu e dell’Andhra Pradesh. All’epoca la sua capitale
era Madras, una delle tre principali città inglesi in India (le altre erano
Calcutta e Bombay).
Scoppiò
così la prima delle quattro guerre del Mysore (1767-69). In questa guerra fu
straordinaria l’abilità non solo militare ma anche politica di Haidar Alì.
Infatti, oltre ad arrivare a minacciare la stessa Madras con le rapide
incursioni guidate dal figlio diciassettenne Tipu, persuase il Nizam a rompere
l’alleanza con gli Inglesi.In tal modo riuscì a respingere le offensive
inglesi.
La pace, conclusa nel 1769,
non apportò modifiche geografiche, non prevedeva alcun indennizzo e addirittura
vincolava i due contendenti ad una futura reciproca politica di aiuti all’altro
in caso di attacchi di terzi. In altre parole una vera e propria vittoria per
il Mysore ed il riconoscimento dell’abilità militare e politica del suo
regnante.
In
realtà però, quando i Maratti, negli anni successivi, attaccarono a più riprese
il Mysore arrivando a cingerne d’assedio la capitale SERINGAPATAM
mai gli Inglesi risposero positivamente alle
richieste d’aiuto di Haider Alì, facendo sì che in lui e nel figlio Tipu
nascesse un profondo sentimento anglofobo.
Negli
anni seguenti, nonostante il mancato appoggio inglese, il potere del Mysore si
accrebbe grazie alle vittorie riportate contro i Maratti e contro i nababbi
fantoccio di Arcot e di Tanjore (in realtà chi deteneva il potere in quelle
zone era la Compagnia delle Indie). In quelli anni il Mysore arrivò ad
abbracciare quasi tutta l’India del sud.
Nel
1780, come conseguenza di questa ulteriore espansione territoriale, scoppiò la
seconda guerra del Mysore. Haider Alì ebbe inizialmente come alleati i Maratti
ma successivamente questi lo abbandonarono stipulando una pace separata con gli
Inglesi (trattato di SABEI).
Come si vede bene in quelli
anni in India la situazione politica era molto incerta e instabile, le alleanze
mutavano continuamente, a volte anche durante lo svolgimento delle guerre, con
improvvisi e repentini cambiamenti di fronte. E soprattutto mai il
discriminante per la stipulazione di un’alleanza era il fattore religioso.
Haider
Alì strinse alleanza anche con i Francesi che inviarono truppe e gli Inglesi
poterono fronteggiare la situazione solo grazie alla già citata uscita
dall’alleanza dei Maratti.
Inizialmente
la guerra fu favorevole alle forze del Mysore. Il figlio di Hider Alì, TIPU, annientò
un esercito inglese di 4.000 uomini nella battaglia di Pollilur, nei pressi di Kanchipuram
(1780).
Fu la più grande sconfitta
patita dagli Inglesi ad opera di un esercito indiano. La vittoria fu celebrata
da Tipu facendo dipingere l’avvenimento sui muri esterni della propria
residenza estiva, vicino a Seringapatam.
La
riscossa inglese, possibile grazie agli aiuti militari inviati da Calcutta
impedì la disfatta ma non fu sufficiente a ribaltare le sorti della guerra che
si trascinò per altri tre anni e mezzo. Si concluse nel 1784 con la pace di
Mangalore con cui, ancora una volta, venivano in pratica ristabiliti i confini
anteguerra.
Nel
frattanto Haider Alì era morto nel 1782 e gli era succeduto il figlio,
appellato TIPU SULTAN. Questi individuò nello scarso impegno degli alleati
Francesi la causa principale della mancata vittoria. Addirittura le autorità di
PONDICHERRY (la enclave francese in India di maggiore entità) avevano stipulato
una pace separata con gli Inglesi. Tipu decise allora di scavalcarli
intavolando trattative diplomatiche direttamente con la corte di Versailles.
In
tal modo il Mysore, mediante le azioni del proprio sovrano, si distingueva da
tutti gli altri stati indiani, governati che fossero da indù o da musulmani,
ponendosi sullo stesso piano, dal punto di vista diplomatico, degli Stati
Europei i cui eserciti si fronteggiavano sul suolo indiano.
Tipu arrivò persino ad
inviare una propria ambasceria a Parigi (1788) che fu ricevuta a Corte dalla
regina Maria Antonietta. Chiaramente la dinastia dei Borboni godeva al momento
tutt’altro che di ottima salute (l’anno successivo la situazione esploderà con
la presa della Bastiglia) e quindi non poterono inviare i richiesti aiuti
economici e militari. Ma ugualmente l’ambasceria fu un successo in quanto Luigi
XVI soddisfece le altre richieste di Tipu inviando un gran numero di esperti in
campo militare e medico, oltre a molti artigiani, molto apprezzati in India.
Grazie
al loro aiuto e ai loro consigli Tipu creò, tra le altre cose, una Compagnia
Mercantile statale sul modello europeo. Tipu mirava ad emulare i regimi europei
non solo nel campo militare ma anche in quello commerciale ed economico. Costruì ad esempio numerose
fabbriche e grazie al possesso dei porti del Malabar (costa sud-occidentale
dell’India) controllava non solo i floridissimi commerci del pepe e del legname
ma anche dei cavalli. Grazie a ciò possedeva, assieme ai Maratti, la cavalleria
più efficiente dell’India.
Le
sue fabbriche producevano zucchero, carta, coltelli, forbici, polvere da sparo,
armi (in pratica il Mysore era autosufficiente in fatto di armamenti); inoltre
introdusse la coltivazione dei bachi da seta e costruì fabbriche per la
tessitura della seta.
Fu
almeno da questo punto di vista un governante illuminato. Grazie alle
innovazioni da lui introdotte in campo economico il Mysore godette di una
discreta prosperità e gli fu di conseguenza possibile attuare una bassa
pressione fiscale. Grazie a ciò era ben accetto alla stragrande maggioranza
della popolazione, anche quella indù.
L’altra
faccia della medaglia ci mostra però un governante accentratore, vendicativo e
a volte crudele ed è per questa ambivalenza che spesso i giudizi sulla sua
persona e sul suo operato sono contrastanti.
Nel 1790 scoppia la terza
guerra del Mysore Il generale inglese CORNWALLIS stipulò un’alleanza con
i Maratti e il Nizam di Hyderabad (indù i
primi ma musulmano il secondo) e le ostilità ebbero inizio.
I Maratti ed Hyderabad non
fornirono agli Inglesi un rilevante aiuto militare ma rimasero ancora una volta
sordi agli appelli di Tipu alla creazione di un’alleanza che unisse tutti
regnanti dell’India meridionale, a prescindere dalle religioni professate,
contro l’espansione inglese.
Dopo iniziali successi degli
eserciti del Mysore, Cornwallis, superiore per numero di uomini e di armi,
capovolse completamente le sorti del conflitto arrivando ad occupare gran parte
del Mysore e ponendo sotto assedio la capitale Seringapatam.
Dopo alcuni mesi di accanita e fiera resistenza Tipu dovette
arrendersi (1792). Le condizioni della resa furono pesantissime: il Mysore
perdette metà del proprio territorio e si dovette impegnare a pagare uno
stratosferico indennizzo di guerra. A garanzia del pagamento Tipu dovette
consegnare agli Inglesi i due figli, di 8 e 10 anni. Il piano di Cornwellis era
che il Mysore, ridotto in estensione e quindi in potenza, fungesse da
contrappeso nei confronti della potenza dei Maratti e di Hyderabad.
Incredibilmente
Tipu riuscì a pagare l’indennizzo, vedendosi così restituire i figli, e di
nuovo la sua lungimirante politica di governo portò ad un notevole incremento del
livello economico del paese. Tra
le principali innovazioni realizzate in questo periodo si segnala la
riorganizzazione dell’esazione delle tasse,
con l’eliminazione degli intermediari e sottoponendo così i contadini ad una
tassazione diretta. Su queste basi gettate da Tipu verrà in seguito costruito
il sistema fiscale britannico nell’India meridionale degli anni successivi.
Nonostante le precedenti
delusioni ricercò nuovamente l’alleanza e l’aiuto dei Francesi arrivando a
fondare nella sua capitale un club giacobino e a piantare nei giardini del
proprio palazzo un Albero della Libertà.
Ma gli eventi in Francia non
permisero l’invio d’alcun aiuto ed anzi l’avventura di Napoleone in Egitto
vista come un possibile primo passo verso l’India da parte degli eserciti
francesi, fu una delle causa della decisione inglese di regolare definitivamente
i conti con Tipu.
Richard Wellesley, il nuovo
Governatore Generale, radunò un vastissimo esercito formato da 40 mila uomini,
100 mila civili ed altrettanti capi di bestiame per il trasporto
dell’artiglieria e delle salmerie, e dette inizio alla quarta guerra del
Mysore. In tre mesi era tutto
finito: il 4 maggio 1799 le truppe inglesi, a coronamento di una veloce campagna
militare, conquistavano la capitale Seringapatam.
A fronte delle poche
centinaia tra morti e feriti da parte inglese, si ebbero nove mila morti tra
gli indiani, tra cui lo stesso Tipu Sultan. La città di Seringapatam fu
razziata e sottoposta a numerose violenze. Il territorio del Mysore fu
spartito tra la Compagnia delle Indie e l’alleato Hyderabad e i pochi territori
rimasti vennero restituiti alla restaurata dinastia indù degli Wodeyar, ma sotto
una completa tutela inglese.
Dopo le quattro guerre del Mysore quasi tutto il sud
del subcontinente indiano era passato nelle mani degli Inglesi e nessun’altra
potenza indiana restava in campo per poterne contrastare, con possibilità di
riuscita, l’espansione territoriale.
Come già accennato, più riprese Haider Alì e Tipu
Sultan ricercarono l’alleanza degli altri sovrani indiani, risultando nella
loro analisi politica ben più lungimiranti dei loro colleghi. Infatti essi
capirono che gli Inglesi non erano uno dei tanti fattori in lotta per la
supremazia in India ma una reale minaccia per l’indipendenza contro cui fare
causa comune.
All’epoca la situazione degli Inglesi in India non era ancora
assestata e si trovavano di fronte due nemici diversi tra loro ma ugualmente formidabili e potenti quali la
confederazione dei Maratti ed il Mysore.
Queste due potenze, avessero
seguito con decisione e non solo saltuariamente e con poca convinzione e
costanza, la politica di unire le rispettive forze, molto probabilmente
avrebbero potuto arrestare la marea montante delle conquiste territoriali
inglesi. Invece ognuno seguì i propri interessi spianando la strada al completo
trionfo inglese in India.
Ciò che salta agli occhi è
che gli Inglesi anche contro i sovrani musulmani del Mysore non combatterono
quasi mai da soli ma ricevettero grande aiuto dai loro alleati indiani.
La cosa che qui voglio
rimarcare è che l’aiuto offerto agli Inglesi dai vari sovrani indiani era del
tutto indipendente dal fattore religioso. Basta ricordare quale fedele alleato
fu per gli Inglesi il Nizam di Hyderabad, musulmano al pari di Haider Alì e di Tipu
Sultan.
D’altra parte il ricercare
alleanze tra i regnanti indiani senza tenere conto della religione di amici e
nemici fu politica comune sia agli Inglesi che ai Francesi e trovò terreno
molto fertile nelle inimicizie tra i numerosi stati indiani, qualunque fosse la
fede professate dal sovrano.
Alleanze e inimicizie interreligiose
non devono comunque stupire più di tanto in quanto anche in Europa abbiamo
esempi di tale genere. Ad esempio nel XVI secolo la cattolica Francia di
Francesco I si alleò con l’Impero Ottomano nel tentativo di bilanciare la
potenza della cattolicissima Spagna di Carlo V.
Come visto Tipu Sultan fu un grande innovatore in
campo amministrativo ed economico ed un ottimo governante, ma il rovescio della
medaglia ci mostra anche aspetti terribili del suo carattere, quali ad esempio
la distruzione di numerosi templi indù in occasione della repressione di una
rivolta scoppiata nel Malabar e uccisioni di prigionieri inglesi.
Ma senz’altro furono
preminenti gli aspetti positivi del suo operato ed ancora oggi in India è
ricordato come un sovrano illuminato e un nazionalista ante-litteram.
Per dire della sua
importanza, della rilevanza e della fama della sua figura nell’opinione
pubblica indiana basti pensare che è stato il soggetto di innumerevoli saggi e
romanzi storici.
Tra questi ultimi ricordiamo
“Tipoo Sultan: a tale of the Mysore war” (1840) di Philip Meadows Taylor
(l’autore di “Confession of a thug”) e “The sword of Tipu Sultan” (La
scimitarra di Tipu Sultan) di Bhagwan Gidwani. Da quest’ultimo romanzo storico
è stato tratto anche un serial TV molto seguito dal pubblico.
Ultima cosa da evidenziare è
poi che Tipu Sultan è un rarissimo esempio, sia in India che in Europa, di
monarca che cade alla testa delle proprie truppe mentre guida una impossibile
difesa della propria capitale.
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