Spinse il cavallo verso la torre e si levò il berretto, salutandola e gridando:
- Fanciulla, non temete; sono un ufficiale dell'esercito delle Indie 8 e pronto a proteggervi.
La giovane, udendo quelle parole pronunziate in lingua indù 9- lingua che il tenente ormai parlava correntemente - era subito balzata in piedi, curvandosi sull'orlo della torre. Ella tese una mano verso l'ardito ufficiale, come per fargli comprendere che qualche grave pericolo poteva minacciarlo, poi disse:
- Voi siete il cacciatore che ho veduto passare giorni sono?
Quella voce era dolce, armoniosa, ma impressa da una così profonda tristezza che l'ufficiale ne fu scosso.
- Mi riconoscete? - le chiese.
- Sì, tenente10! - rispose la fanciulla.
- Posso esservi utile in qualche cosa?
La giovane fece un gesto vago che il tenente non comprese, poi gli additò la foresta.
- Siete sola? - chiese l'ufficiale.
- Sola, ma Murdak può comparire da un momento all'altro. Se vi è cara la vita fuggite, signore.
- Un soldato delle Indie non ha paura degli Afrídi, - rispose James Davy. - D'altronde nessuno oserebbe toccarmi.
- Murdak è terribile.
- Murdak! - esclamò il tenente. - E’ il mio ospite! Che razza di storia mi ha dato a bere quel furfante!
- Partite! - disse la giovine. - Possono giungere.
- Ma chi?
- Coloro che sono incaricati di sorvegliarmi e più tardi di sacrificarmi.
- Voi! Uccidere voi? Chi siete dunque?
- Una meriah11. Fuggite!
Fece al tenente un nuovo gesto più imperioso di prima, poi scomparve.
James Davy non era un pusillanime, ma non voleva nemmeno compromettere la propria esistenza. Comprendendo che un pericolo lo minacciava, salì a cavallo, armò il fucile e riprese la via del villaggio, ben deciso però a non lasciare le cose a quel punto.
Meriah! - si ripeteva, scendendo la montagna. - Che cosa vorrà dire? Che ritengano quella fanciulla per una strega o una maliarda pericolosa? Saprò delucidare questo mistero e non permetterò nessun sacrifizio.
Quando giunse all'abitazione del capo, trovò Murdak seduto sulla gradinata. Pareva che aspettasse il ritorno del tenente, quantunque mancassero ancora parecchie ore all'alba.
- Da dove venite? - chiese l'Afrido, guardandolo biecamente.
- Non avevo sonno, - rispose il tenente, - e sono andato nei boschi a fare una trottata.
- Già la notte era bella, - disse Murdak con un sorriso ironico. - Dovevo avvertirvi però che si può correre dei pericoli sulla montagna dove le pantere12 non sono ancora scomparse.
- Non ho paura delle belve feroci, - rispose James Davy, fingendo di non aver rilevato l'ironia del capo. - Ah! Volevo chiedervi una spiegazione.
- Dite.
- Che cosa vuol dire meriah?
Il capo aveva trasalito. Fissò l'Inglese con due occhi che mandavano fiamme, poi disse, alzando le spalle:
- Che ne so io? Meriah? Non ho mai udito questo nome. Buona notte, signor tenente. E' troppo presto per uscire.
E rientrò nella casa senza voltarsi. James Davy si ritirò nella sua stanza, ma non fu capace dì chiudere gli occhi.
Meríah! Quella parola, senza saperne il perché, gli metteva nell'animo uno sgomento inesplicabile ed il suo pensiero correva costantemente a quella giovane che gli Afridi tenevano così gelosamente custodita nella vecchia torre.
Nei giorni che seguirono, James Davy si provò ad interrogare parecchi montanari, promettendo regali e ricorrendo perfino alle minacce e senza alcun esito.
Gli Afridi, quando udivano pronunziare la parola meriah, si facevano oscuri in viso, guardavano l'ufficiale con diffidenza, poi scrollavano le spalle, ripetendo tutti:
- Non sappiamo che cosa voglia dire.
Il tenente cominciava a perdere la pazienza. Egli non aveva altro incarico che quello di sorvegliare i montanari, ma di non occuparsi dei loro affari privati, quindi a rigore non poteva esigere la liberazione della misteriosa fanciulla.
Anzi, si era accorto che venivano sorvegliati i suoi passi per impedirgli di ritornare alla torre, e, trovandosi in mezzo a uomini che mal sopportavano la sua presenza, non aveva più osato inoltrarsi fra le montagne.
Intuiva che la sua vita era in pericolo e non credeva ancora giunto il momento di esporla per quella sconosciuta.
Era trascorso già qualche mese e la siccità cominciava a farsi sentire sulle montagne, inaridendo i prati e le fonti con grave pericolo del bestiame, quando un mattino sorprese un colloquio che gli spiegò parte di quell’inesplicabile mistero.
Stanco, dopo aver lungamente inseguito una coppia di antilopi montane, si era sdraiato all'ombra d'un immenso albero per riposarsi qualche po'; quando vide due montanari uscire da una macchia foltissima e fermarsi a breve distanza, senza che si fossero accorti della sua presenza.
8 Nome assunto dall’esercito inglese in India dopo la rivolta dei sepoy, i reparti di truppe indigene, del 1857. A partire da allora l’esercito inglese passò alle dirette dipendenze della Corona inglese anziché, come in precedenza, a quelle della Compagnia delle Indie. Ambedue erano formati per oltre l’80% da soldati indigeni, ma i ruoli di comando erano esclusivamente ricoperti da ufficiali britannici.
9 In realtà non esiste una lingua indù. L’induismo è la religione professata dalla maggior parte della popolazione della regione indiana, popolazione che parla moltissime lingue diverse. La più diffusa è l’hindi, che è però parlata solo dal 20% della popolazione dell’India. Gli Afridi sono di etnia pashtun e parlano la lingua pashtu che poco o niente ha in comune con le numerose lingue indiane. Qui Salgari fa diventare gli Afridi una popolazione indiana che parla l’hindi o lingua similare e, come vedremo dopo, adora gli dei indù, mentre, come detto in precedenza, in realtà sono di culto musulmano.
10 James Davy si era genericamente presentato come un ufficiale dell’Esercito delle Indie. Probabilmente è una svista dello scrittore in quanto resta difficile pensare che la ragazza sia in grado di riconoscere le mostrine delle uniformi.
11 Nome delle vittime nei sacrifici umani, finalizzati ad ottenere un abbondante raccolto o a scongiurare un pericolo imminente o propiziarsi la vittoria in una prossima guerra. Il termine indica genericamente uomini, donne ed anche bambini destinati ad essere sacrificati.
12 La pantera, o leopardo, è un felino diffuso in Asia e in Africa al di sotto del Sahara. La sua pelliccia è caratterizzata da macchie scure di piccole dimensioni, ravvicinate a formare le cosiddette “rosette”. Queste sono più grandi nelle specie asiatiche, fino ad arrivare alla Pantera Nera, stanziata solamente nell’arcipelago della Sonda. Il suo habitat va dalla foresta tropicale alle zone rocciose, alle pendici dell’Himalaya. Il Figuier (opera cit. - pag.166) riporta: “La Pantera si arrampica agevolmente sugli alberi, vi insegue le scimmie e gli altri animali di cui si nutre. E’ un animale selvaggio, indomabile, che abita sotto le foreste più solitarie. Nei combattimenti è il più terribile di tutti i carnivori, anche della tigre, e quindi la sua caccia è molto più pericolosa di quella del leone. Di rado si avventa sull’uomo se non è provocata; ma un nulla la irrita, e la sua collera si riconosce dalla rapidità meravigliosa della sua aggressione, seguita dalla morte repentina dell’imprudente che l’ha fatta diventare furibonda. La sua agilità, la sua leggerezza, la sua perfidia, superano tutto ciò che si può immaginare; tutte queste facoltà la rendono tanto formidabile. Malgrado la sua innata ferocia, la Pantera presa giovane s’addomestica benissimo. Si mostra tanto mansueta, tanto affettuosa quanto il più docile dei cani, e gira libera nella casa del suo padrone, senza che ne segua il benché minimo inconveniente”.
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Testi e informazioni a cura del "Tigrotto" Livio Belli
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