La Stella degli Afridi
racconto commentato e illustrato


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- E’ il momento di sacrificare la Stella degli Afridi, - diceva uno. - Che cosa aspetta Murdak? Che la siccità distrugga completamente il nostro bestiame? Non l'abbiamo pagato ben caro il suo sangue?
- Teme l'Inglese, - rispose l'altro. - I sacrifizii umani sono proi­biti e le meriah non si possono più strangolare.13
- Che si cacci via!
- Murdak non vuole romperla ancora con gl'Inglesi. Fra tre giorni però la meriah sarà sacrificata e la siccità cesserà. Tutti sono avvertiti e porteranno un brandello di carne su tutte le montagne.14
- E l'Inglese?
- Lo manderà a cacciare lontano e quando tornerà, il sacrifizio sarà compiuto e lui non ne saprà nulla.
Ciò detto proseguirono la via, continuando a chiacchierare animatamente. Quel dialogo era stato una rivelazione per James Davy. Aveva udito già parlare altre volte degli orribili sacrifizii umani in uso fra i montanari afridi, e del Koistkan15, e fino allora vi aveva prestato poca fede.
Quell’odioso costume, nato da chi sa quale strano fanatismo, consisteva nell'offrire alla terra il sangue d'una fanciulla, scelta fra le più belle, a fin di rendere il suolo più fertile16.
A tale uopo le tribù sborsavano una certa somma per procurarsi la vittima necessaria ed incaricavano taluni di andarla a cercare per lo più in paesi lontani. Avutala, usavano confinarla in qualche vecchia pagoda 17od in qual­che torre, dove era trattata con grandi riguardi, come una persona ormai destinata a Brama, il Dio più possente degl'Indiani18.
Quando qualche siccità o qualche altra calamità piombava sulle campagne, mettendo in pericolo i raccolti, si sacrificava la povera pri­gioniera e s'innaffiava la terra col suo sangue. Il suo corpo poi veniva fatto a brandelli e ogni contadino ne seppelliva un pezzetto nel pro­prio campo, certo, con quell'offerta, di scongiurare ogni malanno e di raddoppiare i proprii raccolti.
James Davy, ormai, era convinto che la bella fanciulla fosse quella destinata a servire da meriah, ossia da vittima e giurò in cuor suo di non lasciarla sgozzare atrocemente da quei montanari ignoranti e san­guinarii. Aveva tre giorni di tempo e ne aveva abbastanza per far accorrere un buon nerbo di soldati inglesi, i quali accampavano nelle pianure, intorno a Zagar19.
Siccome ogni otto giorni mandava dei rapporti al suo generale, scrisse subito una lettera urgente, avvertendolo di quanto si prepara­vano a fare gli Afridi e chiedendo il suo soccorso.
Ciò fatto attese tranquillamente, fingendo di mostrarsi con Mur­dak più cortese che mai.
Anche il capo era diventato da qualche giorno più amabile e non faceva che parlare di caccia.
La sera innanzi del sacrifizio, Murdak disse, dopo la solita cena, al giovane ufficiale:
- Ho una grande notizia da darvi.
- Qual'é? - chiese James Davy con curiosità.
- E stata veduta una tigre nei boschi di Durgar, anzi ha già divo­rato parecchie pecore ad un povero pastore. Voi, che siete un abilis­simo cacciatore, dovreste andare a uccidere quella cattiva bestia.



- Non rifiuto la proposta, - rispose Davy.
- Ho dato ordine a due dei miei montanari di accompagnarvi e domani, prima dell'alba, saranno qui.
- Conosco quella foresta, - disse il tenente, - e preferisco andarvi solo. Un uomo solo e risoluto riesce meglio contro quelle fiere astutis­sime.
- Come volete, - disse Murdak. - Quando partirete?
- Fatemi svegliare alle tre del mattino.
Quella notte James Davy non fu capace di dormire. Un'inquietu­dine profonda lo tormentava.
Da due giorni aveva scritto al generale e con sua sorpresa non aveva ricevuto ancora alcuna risposta, anzi il corriere non era più tornato.
E il domani la disgraziata fanciulla, la povera Stella degli Afridi, doveva venire sacrificata ed il suo giovane corpo fatto a brandelli.
Il sospetto che gli Afridi, avvertiti di qualche cosa, avessero sop­presso il corriere e distrutta la lettera, gli torturava senza posa il cervello.
Alle tre era già alzato. Fece sellare il suo miglior cavallo, prese il suo fucile e lasciò il villaggio, fingendo di dirigersi verso la foresta indicatagli da Murdak; ma appena fu un po' lontano, lanciò il cavallo a corsa sfrenata, avviandosi verso la valle che metteva nella pianura.
Era deciso a tutto, anche a impegnare una lotta suprema contro tutti i montanari, nel caso che i soccorsi chiesti non giungessero. Voleva assicurarsi innanzi tutto se gl'Inglesi avevano lasciato i loro accampamenti, cosa facile a sapersi, dominando quelle alte montagne le immense pianure di Zagar.
Era appena uscito dai boschi e aveva raggiunto l'orlo dell'alto­piano, quando un grido gli sfuggì.
Ai primi albori aveva scorto una colonna di cavalieri, i quali galoppavano sfrenatamente verso le montagne.
- La fanciulla è salva! - esclamò. - Andiamo intanto a proteg­gerla.
Volse il cavallo e si diresse verso il villaggio per tentare di ritardare l'esecuzione della povera giovane. Contava molto sulla propria auda­cia e sullo stupore che avrebbe prodotto sui montanari, comparendo improvvisamente fra di loro.
Quando vi giunse, una folla enorme si accalcava sulla piazza. Tutti i montanari delle tribù vicine erano accorsi per prendersi un bran­dello di carne della vittima.
Intanto, dal vicino bosco usciva una processione di gente che pro­cedeva, danzando, urlando, e sonando pifferi e tamburelli. In mezzo, sostenuta da due bramini20, si avanzava la povera fanciulla destinata al sacrifizio. Stordita da tutto quel fracasso e inebetita da bevande alcooliche a base d’oppio, si lasciava condurre senza opporre la menoma resistenza. Era bella, dalla pelle quasi bianca, e giustificava bene il titolo di Stella degli Afridi datole dai montanari. Aveva i capelli lunghissimi e neri, sciolti sulle spalle, e indossava una veste di seta bianca adorna d'oro.
La folla si era divisa per lasciare il passo ai bramini, i quali trascinavano velocemente la misera verso un palo, che sorgeva sull’orlo d'una fossa profonda.
Secondo il rito, la fanciulla doveva venire scannata, poi precipi­tata nella fossa, onde la terra ricevesse tutto il suo sangue.
James Davy aveva veduto tutto, scendendo la china che condu­ceva al villaggio. Con impeto furioso avventò il cavallo fra la folla, senza badare chi urtava e calpestava e giunto presso il palo balzò a terra, puntando il fucile contro i due bramini.
- In nome di Sua Maestà il re d'Inghilterra ed imperatore delle Indie, v'intimo di consegnare a me quella fanciulla! - gridò con voce terribile.
La folla, stupita da tanta audacia, era rimasta muta, ma ad un tratto un urlo di furore echeggiò per la piazza:
- Uccidete il tenente! Avremo un meriah!
Già le armi venivano impugnate e brillavano dappertutto, e già il valoroso stava per venire barbaramente immolato, assieme alla fan­ciulla che voleva salvare, quando si udirono improvvisamente delle trombe sonare la carica.
Era la cavalleria inglese di Zagar che giungeva a briglia sciolta e con le sciabole in pugno.
I montanari si sbandarono da tutte le parti malgrado le grida di Murdak. In pochi istanti sulla piazza non erano rimasti che il tenente e la fanciulla.
Quando la cavalleria giunse, i montanari si erano già salvati nei boschi.
- Signor Davy, - disse il comandante della colonna, - sono lieto di essere giunto in tempo. Presto, salite ora sul vostro cavallo, prendete in groppa la fanciulla e fuggiamo. Gli Afridi non tarderanno ad accorgersi del nostro piccolo numero e torneranno alla riscossa.
Pochi minuti dopo la colonna scendeva verso la pianura, salutata da furiose scariche di moschetteria.
Oggi, la meriah, sottratta così miracolosamente alla morte, si chiama mistress 21Davy, e James è il più felice sposo dell'India.




13 Torna su Lo strangolamento era uno dei modi in cui le vitime sacrificali, le meriah, venivano uccise. Il Rousselet nella sua opera “L’India dei Rajah” (Treves 1877), una delle principali fonti salgariane per quanto riguarda l’India, riporta che venivano a volte soffocate tra due tavole di legno strette attorno al petto, altre volte gettate in una fossa e soffocate premendo la testa contro la terra.

14 Torna su Anche la notizia che i brandelli di carne delle vittime sacrificali venissero trasportati velocemente sulle montagne dei dintorni è ripreso dal Rousselet (pag.387). Lo scrittore e viaggiatore francese include nella sua opera lo scritto del Maggiore Generale John Campbell, dal titolo “"I meriah o sacrifici umani nel Khondistan o Ghondwana (India inglese) descritti dal maggiore generale John Campbell, ex commissario inglese in quelle regioni.” Nel brano citato si legge che nelle regioni montuose del Khondistan erano frequenti i sacrifici a Tado-Pennor, dio della terra, per assicurarsi messi abbondanti. Campbell, che diresse l’azione del Governo Inglese per estirpare tale barbara usanza, riporta a sua volta notizie raccolte dal “signor Ricketts" secondo cui "i Khondi ricorrevano specialmente ai sarifici umani quando si dedicavano alla coltivazione dello zafferano e, ragionando freddamente sopra questo soggetto, essi dichiaravano impossibile di ottenere, senza effusione di sangue, che questa pianta desse loro un bel colore scuro, al quale attribuiscono gran valore". Leggendo il brano del Campbell, la sanguinaria usanza del sacrificio delle meriah è attribuita al solo popolo dei Khond, stanziato nell’India centrale. Salgari prende queste barbare usanze per trapiantarle a migliaia di chilometri.

15 Torna su Il Koistkan o meglio Kohistan è la regione montuosa del Pakistan estesa sul versante sudorientale dell'Hindukush. Comprende parti delle valli dell'Indo e dello Swat.

16 Torna suAnche queste informazioni, come quelle nel paragrafo successivo, sono riprese dal Rousselet e dal Campbell.

17 Torna suAl tempo il termine pagoda indicava genericamente il luogo di culto di una religione orientale, come si può leggere ad esempio nel Dizionario “Nuovissimo Melzi” del 1893 alla relativa voce. Salgari lo utilizza sempre con tale significato. Col tempo ha preso ad indicare specificatamente un edificio di culto tipico della religione buddista. Ha generalmente l’aspetto di una torre che va gradatamente aumentando di ampiezza verso la base. E’ divisa in vari piani, ognuno dei quali ha un tetto a falde spioventi.

18 Torna suBrahma è una delle tre principali divinità del pantheon indù, formando con Shiva e Visnù la famosa Trimurti. Brahma rappresenta il principio creatore della divinità, mentre Visnù e Shiva rappresentano rispettivamente il principio conservatore e quello distruttore.

19 Torna suZagar è il nome di un passo montano (m.3730) dell’Hindukush, attualmente in Pakistan. Qui Salgari parla però di una città situata in pianura; si tratta probabilente della città di Zacar situata nell’attuale Pakistan non lontana dai monti del Kohistan.

20 Torna suQuella dei bramini è, nella società indù, la casta sacerdotale, posta al verice della piramide sociale. Poi vengono guerrieri, mercanti e sudra. Come detto gli Afridi sono una popolazione di etnia pashtun e religione musulmana, pertanto la loro società non è organizzata secondo le caste di quella indù. Il termine deve essere inteso genericamente come appartenenti alla casta sacerdotale.

22 Torna su Forma arcaica dell'inglese per “signora”, ora sostituita da Mrs.




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E.Salgari
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