Un pò di tempo fa, rileggendo Le pantere di Algeri, ci siamo posti una domanda: che Salgari non sapesse com'era fatta una galera?
Dal Dizionario di Marina Medievale e Moderno della Reale Accademia d'Italia (Roma, 1937), citiamo la seguente voce:
GALEA o GALERA (da cui galeotto = schiavo): bastimento sottile, di circa 50 metri di lunghezza, largo circa 7, con due metri di pescaggio. Aveva da uno a due alberi a vele latine (raramente 3), e da ciascun lato da 25 a 30 banchi per la voga, che per esso era il sistema di propulsione più importante. Fino alla metà del Cinquecento usò remi sensili, cioè ad un sol vogatore: due o tre di tali remi, appoggiati a scalmi ravvicinati, per ogni banco di ciascun lato (perciò due o tre uomini per banco). Si ebbero così rispettivamente la galea bireme, la trireme e la quadrireme.
Nel Cinquecento ai remi sensili furono sostituiti remi a scaloccio, uno per ogni banco di ciascun lato, maneggiato da 3 a 5 vogatori. [...] Per avere la massima facilità di evoluzione, senza la soggezione al vento, questi bastimenti, nel prendere l'assetto di combattimento, imbrogliavano o ammainavano le vele, e si avvicinavano al nemico con i soli remi.
(Fonte: Dizionario di Marina Medievale e Moderno della Reale Accademia d'Italia, Roma, 1937)
Quindi, questa è la descrizione di una galea, imbarcazione in uso per secoli nel Mediterraneo sia da parte dei cristiani che dei musulmani. Salgari ce ne parla espressamente ne Le pantere di Algeri, romanzo ambientato nel XVII sec. che narra le vicende del barone Carlo di Sant'Elmo, impegnato a salvare la fidanzata, la contessa Ida di Santafiora, rapita da alcuni mori che hanno attaccato il suo castello e l'hanno portata prigioniera, appunto, ad Algeri. La narrazione procede svelta e appassionante, ricca di colpi di scena.
Durante la prima parte del libro, troviamo anche uno scontro navale, a questo punto, però, la descrizione che fa Salgari delle imbarcazioni impegnate nel combattimento non collima molto con quella storicamente accertata.
Come da quanto appena riportato, caratteristica di queste imbarcazioni era la presenza di remi per la voga, che dunque era il sistema di propulsione più importante. Le navi presentate da Salgari sono invece descritte unicamente come velieri!
Infatti, la Sirena, la galea del barone di Sant'Elmo, è così descritta:
Aveva la prora altissima e carica di dorature, con un ampio castello per rendere più facili gli arrembaggi; la poppa era più alta ancora, con l'albero di artimone fornito di una immensa vela latina, [...] la tolda era invece bassa, con murate solidissime per proteggere l'equipaggio dal fuoco degli archibugi, e divisa in tre scompartimenti formati da doppi tramezzi di legno riempiti di cordami, di velacci e di vecchi barili, che servivano a trattenere il nemico nel caso che fosse riuscito a salire a bordo e a rendergli più difficile la conquista del ponte. Anche gli alberi di trinchetto e di maestra portavano vele latine assai maneggevoli, ed in alto avevano anche vele quadre. In coperta non era collocato alcun pezzo d'artiglieria. Le colubrine si trovavano tutte nel frapponte e mostravano le loro gole minacciose da ampi bordi, disposti su due ordini.
Fidando nella velocità della loro galera, uno dei migliori velieri del Mediterraneo [...]
La Sirena si era messa in caccia, spiegando tutte le vele [...]
(Le Pantere di Algeri, Emilio Salgari, Donath Editore, Genova, cap. VI)
Questa sembra decisamente più la descrizione di un galeone, che quella di una nave a remi!
Più oltre Salgari ancora scrive:
Le galere barbaresche si preparavano, approfittando del vento favorevole, che soffiava da oriente, a chiudere il passo ai cavalieri di Malta, per proteggere la fuga di Zuleik. Con rapida e abile manovra, erano tornate subito al vento..[...]
Nulla però valeva ad arrestare la galera maltese. Con una mossa fulminea, favorita dalla brezza che era diventata freschissima, la Sirena cacciò il suo bompresso fra le sartie di mezzana della galera barbaresca, sfondando la vela latina che cadde sul ponte. [...] I grappini erano stati subito lanciati, mentre i gabbieri contrabbracciavano le vele. Avvenne un urto violentissimo che fece rimbombare le due galere fino alla cala...[...]
(Le Pantere di Algeri, Emilio Salgari, Donath Editore, Genova, cap. VII)
Insomma, dei remi non c'è traccia, non vengono neanche nominati, eppure erano la parte più caratteristica di queste navi!
I remi servivano principalmente alle galere in caso di assenza *totale* di vento: per questo erano temutissime dai grandi velieri, si pensi che gli spagnoli utilizzarono le galere fino al 1800 per presidiare Cadice e le altre città costiere.
Immaginate: una grossa fregata inglese in panne per calma di vento. Quale preda migliore per un'agile galea che si può spostare sui remi? Un altro scopo della presenza remiera sulle galere derivava dalla necessità eventuale di risalire i corsi d'acqua, essendo ordinariamente quelle navi molto leggere e con poco pescaggio.
Ammettendo, anche se rara, la presenza di *tre* alberi, come si legge nella descrizione sopra citata, le vele erano sì presenti, ma erano quasi d'impaccio durante gli arrembaggi. Ne Le Pantere di Algeri, invece, le manovre, anche durante i combattimenti, sono tutte affidate al solo vento e, forse, la cosa che dovrebbe stupire di più, rispetto al mancato uso di remi all'interno del romanzo, è proprio il fatto che le navi dei barbareschi e del Conte di Sant'Elmo di buon vento ne abbiano sempre tanto, durante tutta la narrazione!
Singolare è anche la disposizione delle bocche da fuoco, che doveva essere sostanzialmente anteriore, in quanto non si poteva certo far fuoco sui propri stessi remi, posti lateralmente, che nelle galee salgariane è invece laterale, il chè permette poi che si abbiano i tipici fuochi di bordata.
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