Alla larga dal Maelstrom!

Il famoso vortice nei pressi delle coste settentrionali della Norvegia ha ispirato diverse pagine, tra le più emozionanti, del nostro Emilio.

Così Wikipedia descrive il Maelström (in norvegese moskenesstraumen, “corrente di Mosken”): «È un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea lungo la costa atlantica della Norvegia, nei pressi delle isole Lofoten. Due volte al giorno il flusso di marea scorre avanti e indietro nello stretto tra Lofotodden e Værøy: a causa della conformazione dello stretto, angusto e poco profondo, si genera una corrente molto forte, con onde e vortici che rendono pericolosa la navigazione specie con navi di piccole dimensioni. Il fenomeno prende il nome dall’isolotto di Mosken, situato in mezzo allo stretto».

Gorgo, vortice: questo il significato della parola Maelström, adattamento inglese di Maelström. Non so quanti di noi si siano spinti fino a quelle latitudini per ammirare il fenomeno. Esso però è ben noto agli appassionati di letteratura avventurosa. Sono stati infatti alcuni celebri scrittori dell’Ottocento a rendere popolare il Maelström, esagerandone alquanto la forza d’attrazione e descrivendolo come un enorme vortice che risucchia nel suo imbuto liquido ogni cosa e imbarcazione, perfino navi di un certo tonnellaggio. Primo fra questi autori è stato Edgar Allan Poe col suo racconto Una discesa nel Maelström del 1841, seguito dal Jules Verne di Ventimila leghe sotto i mari (1869). Terzo Emilio Salgari che, prendendo spunto dall’uno o dall’altro, o da ambedue, si è cimentato per ben tre volte in un emozionante faccia a faccia col Maelström. La prima volta, nel racconto Inghiottiti dal Maelström!, apparso sul Silvio Pellico in due puntate dal 18 al 25 febbraio 1894. La seconda nel lungo racconto di mare I naufraghi dello Spitzberg, che insieme all’altro, I cacciatori di foche della baia di Baffin, fa parte del volume Nel Paese dei ghiacci (1896). La terza nell’instant-book sulla spedizione artica del Duca degli Abruzzi La Stella Polare e il suo viaggio avventuroso (1901).

Partiamo dal racconto Inghiottiti dal Maesltröm! (con tanto di punto esclamativo), testo carico di suspense che Salgari riprenderà in parte nei Naufraghi dello Spitzberg. Inizia così:

Il Maelstrom! Questo nome suona come una campana funebre agli orecchi degli arditi marinai che si avventurano nella stagione invernale sulle coste settentrionali della Norvegia: e non a torto. È là infatti che si apre e gira vorticosamente quell’immenso gorgo, i cui muggiti si odono distintamente fino sulle spiagge della terra ferma; gorgo terribile, che, rasentando le coste dell’isola di Moskenoesöe, attira, quando soffia il vento del sud-ovest, i navigli da ben quindici chilometri di distanza, assorbendoli fra le sue ripide spire concentriche, come se fossero semplici pezzi di sughero.
Né le navi meglio munite di vele, né i piroscafi più potenti, né le balene mostruose dalle code formidabili, più escono quando il gorgo li ha presi; afferrata la preda, la travolge, l’assorbe e finisce collo stritolarla e sminuzzarla sulle rocce che formano il perno, dirò così, di quell’irresistibile moto circolare.


La malcapitata di turno è la Marfa, «un bel legno mercantile russo, della stazzatura di ottocento tonnellate», sotto il comando del capitano Worsoff. Per colmo di disdetta è stata gravemente danneggiata dalla caduta di un iceberg ed essendo pertanto ingovernabile subisce facilmente l’attrazione del vortice.

Il capitano e il mastro, impotenti, guardavano con gli occhi torvi quell’orribile spettacolo, attendendo stoicamente il momento di venire assorbiti, mentre gli emigranti, pazzi di terrore, correvano pel ponte invocando disperatamente l’aiuto del Cielo.
E la nave correva, correva, correva, inclinandosi verso l’imbuto, che pareva diventasse ad ogni istante più profondo, e che mandava fuori muggiti tali da far fremere l’uomo più audace della terra. Correva all’impazzata urtando i ghiacci, urtando i rottami, ora inabissandosi fino alle murate e ora rialzandosi, mentre tutte le sue costole gemevano come si dolessero di quella scapigliata corsa circolare.
Ad un tratto precipitò entro una specie d’imbuto, attorno a cui l’acqua correva con un rapido pendio. Per alcuni stanti la Marfa roteò vertiginosamente in mezzo ad una fitta caligine che si precipitava verso quel nero gorgo, si rialzò come avesse fatto un ultimo sforzo, poi sparve tutta intera con tutti gli uomini che la montavano!...
Il gorgo continuò a roteare sopra la misera che s’inabissava, soffocando co’ suoi possenti muggiti le urla degli infelici che ancora si dibattevano!...


Passiamo ai Naufraghi dello Spitzberg. Dopo mille peripezie, l’equipaggio della Torpa imprigionata in un wacke (banco di ghiaccio) alla deriva (e già con questo non c’era da star tranquilli!) deve affrontare l’ultima terribile prova, per la quale Salgari orchestra sapientemente lo “spettacolo”. Nei paraggi del vortice, nave e banco vengono irresistibilmente attirati e…

Gli equipaggi si erano allora pure accorti che il banco cominciava a roteare e che stava per essere assorbito dal vortice gigante. Urla di terrore risuonavano sul ponte, a prora ed a poppa. I due comandanti si lasciarono scivolare in coperta tuonando: – In alto i gabbieri!... Tutte le vele al vento!... Calma ragazzi!...
Il wacke intanto cominciava a girare sui margini del vortice. Era ormai stato afferrato fra le sue spire e correva disordinatamente, trabalzando sulle onde e scricchiolando, trascinato da una forza irresistibile.
Attorno ad esso galoppavano altri ghiacci, strappati forse dalle spiagge di Moskenoesoe, rottami d’antichi vascelli che il gorgo spingeva a galla e che poi inghiottiva, e si dibattevano, colla forza della disperazione, i narvali dal lungo corno, le grasse focene, i voraci pescecani, le foche ed i trichechi emettendo muggiti e sospiri potenti paragonabili al tuono udito in lontananza.
Il vortice trascinava tutti nella sua foga circolare muggendo spaventosamente, sconvolgendo per ogni dove le acque ed aspirando nell’imbuto mostruoso perfino le nebbie.


Ed ora il brano che c’interessa dal romanzo La Stella Polare e il suo viaggio avventuroso. Il tre alberi comandato da Luigi Amedeo di Savoia ha appena raggiunto l’arcipelago delle Lofoten, nei pressi quindi del Maelström, ma tenendosi alla larga da esso. E qui, per vivacizzare il resoconto di quel viaggio verso il Nord, Salgari mette sulla bocca del norvegese Stökken (uno dei tre dispersi della spedizione) la narrazione relativa a una goletta proveniente dall’Islanda, la Storn-Vindel, perdutasi nel gorgo.

Tutto d’un tratto la goletta deviò dalla sua linea, mettendosi attraverso il vento. Era entrata nella zona pericolosa ed il gorgo la travolgeva in mezzo alle onde rotolanti in giro.
Più nessuna manovra poteva salvarla. Il timone ormai non agiva più ed il vento non poteva vincere la forza irresistibile della corrente.
Potete immaginarvi il terrore che colse quei disgraziati naviganti, quando si accorsero di trovarsi in balia del vortice! Tutte le manovre possibili furono nondimeno tentate per rompere la corrente circolare, ma invano.
La povera nave ormai trabalzava in mezzo alle onde. Il Maelstrom muggiva formidabilmente e l’acqua turbinava intorno, accavallandosi, sempre più impetuosa, verso il centro del gorgo.
Assieme alla nave, travolti nella medesima corsa, correvano montagne e banchi di ghiaccio, urtandosi e sfracellandosi e persino balene venivano attratte non ostante le loro formidabili code.
Il terribile momento s’avvicinava a gran passi. Già la nave sbandava e scendeva rapida attraverso la parete liquida, minacciando da un istante all’altro di rovesciarsi. […]
Il capitano, smarrito il senno, paventando la catastrofe, in un momento di disperazione s’era fatto saltare le cervella, mentre altri si erano precipitati fra le onde spumeggianti con la speranza di venire gettati fuori dal gorgo.


Scena davvero apocalittica nella quale vengono stavolta coinvolte perfino delle balene! E pensare che poco prima Salgari ha affermato:

Il Maelström s’è creato attorno a sé le più paurose leggende e non v’è marinaio norvegese che non ne parli con profondo terrore. Si è molto esagerato, questo è vero, sulla potenza attrattiva di quel vortice, però è sempre temibile e le navi costrette a passare pel Vest Fjord, si guardano bene dall’accostarvisi durante le tempeste ed i tempi nebbiosi.

Ciò nonostante, è stato irresistibile per lui calcare le tinte riguardo al famoso gorgo, da lui definito in questo secondo romanzo «abisso girante». Nei brani presentati Salgari supera, a parer mio, anche il modello offerto da Poe, la cui descrizione quasi scientifica, da spettatore incuriosito, emoziona di meno. Non a caso già dal titolo, Una discesa nel Maelström, l’avventura dello scrittore statunitense sa tanto di escursione.

Oreste Paliotti


Itinerari Salgariani

Indice!

Questo sito è ideato e gestito da La Perla di Labuan
Tutti i diritti sui testi sono dei rispettivi autori