Neala/Ines di Ventimiglia Il figlio del Corsaro Rosso/Gli ultimi filibustieri
[...] - Dove mi conducete? - chiese il signor di Ventimiglia.
- A vedere vostra sorella, - rispose il marchese, - giacché desiderate conoscerla. Sarà di certo nel giardino amando l'aria libera.
Il dolcissimo suono d'una chitarra giunse in quel momento ai loro orecchi.
- Deve essere Neala, - disse il marchese.
- È mia sorella che porta questo nome? - chiese il conte il quale appariva assai commosso.
- Sí, conte.
Il marchese si diresse verso un piccolo padiglione di stile moresco che occupava un angolo del giardino e che era ombreggiato da tre o quattro immense palme a ventaglio e mostrò al conte una giovane di sedici o diciassette anni, che indossava un semplice accappatoio di piccole trine intessute con pagliuzze d'argento e che stava sonando una piccola chitarra.
Era una bellissima creatura, alta, slanciata, colla pelle un po' abbronzata, gli occhi nerissimi dal lampo cupo e selvaggio, coi capelli lunghissimi e pure nerissimi intrecciati graziosamente con fiori rossi.
Vedendo il marchese si era alzata deponendo la chitarra e atteggiando le labbra ad un grazioso sorriso.
- Figlia mia - disse il marchese - non mi aspettavi di certo cosí presto.
- No, - rispose la giovane fissando subito sul figlio del Corsaro Rosso i suoi sguardi.
- Ti conduco qui un signore che pretende essere tuo fratello e che...
Il conte lo interruppe bruscamente.
- Non dite che pretendo, marchese, poiché voi sapete quanto me che mio padre ha sposato la figlia del Gran Cacico del Darien e che questa fanciulla è realmente mia sorella. Io sono nato da padre e da madre bianchi: la seconda moglie di mio padre fu invece una principessa indiana.
La giovane meticcia continuava a fissare il corsaro con crescente intensità ed aveva fatto un passo innanzi, come attratta da una irresistibile simpatia.
Era certamente il sangue che segretamente parlava.
- Figlia mia - riprese il marchese - questo signore che è il Conte di Ventimiglia, vorrebbe strapparti a me e condurti lontano, lontano, in Europa...
- Nei miei castelli, su un mare piú azzurro dell'Oceano Pacifico, dove l'aria è piú balsamica e piú pura che qui - disse il corsaro. - Io sono bianco e voi siete bruna eppure siete mia sorella perché abbiamo avuto lo stesso padre: il Corsaro Rosso, Conte di Ventimiglia signore di Roccabruna e di Valpenta. Che cosa dice il vostro cuore, Neala? Che cosa dice il vostro sangue? Che cosa pensa il vostro cervello? Io ho lasciato l'Europa per venirvi a cercare, ho sfidato mille pericoli, ho combattuto al di là ed al di qua dell'istmo di Panama per venirvi a dire che siete mia sorella. Chi preferite? Il marchese di Montelimar che vi ha adottata come figlia o vostro fratello? Scegliete.
Neala rimase per qualche istante ancora silenziosa, poi con uno scatto improvviso si fece addosso al corsaro e gli gettò le braccia al collo, dicendo:
- Il cuore ed il sangue hanno parlato: io sono vostra sorella e voi siete mio fratello! [Il figlio del Corsaro Rosso, E. Salgari, Bemporad Editore, Firenze, 1908, Capitolo XIII]
[...] "Orsú, signore, la señorita!..."
Ravenau de Lussan aveva pronunciato le ultime parole, con un tono cosí minaccioso, che il capitano del galeone non credette piú oltre d'insistere.
Ad un suo cenno uno dei suoi ufficiali scese nel quadro e poco dopo tornò, dando il braccio ad una bellissima fanciulla, alta, slanciata, dalla capigliatura corvina, gli occhi intensamente neri e grandi e le carni abbronzate con certe sfumature che parevano riflessi d'oro.
Si avanzò attraverso le file degli spagnuoli, non dimostrando nessuna sgradevole impressione pel sangue che correva ancora attraverso le tavole, e mosse diritta verso Buttafuoco, dicendogli semplicemente:
- Vi aspettavo.
- Non cosí presto forse, - rispose il bucaniere, baciandole galantemente la mano.
- Voi corsari gareggiate coi fulmini e colle tempeste. E Mendoza?
- Presente, señorita! - urlò il basco.
- E ci sono anch'io, contessa, corpo di centomila cannoni!... - gridò don Barrejo. - Non si conoscono piú dunque i vecchi amici?
- Ah!... Il famoso guascone!... - esclamò la figlia del Corsaro Rosso, mostrando i suoi splendidi dentini, scintillanti come perle.
- Sempre pronto a morire per tutti coloro che portano il nome dei Ventimiglia, señorita.
- Alle vele, amici, - gridò in quel momento Raveneau de Lussan. - Quattro uomini al timone e cento nelle batterie a guardia dei prigionieri. [...] [Gli Ultimi Filibustieri, E. Salgari, Bemporad Editore, Firenze, 1908, Capitolo X]
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Le eroine salgariane
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