Jolanda di Ventimiglia Jolanda, la figlia del Corsaro Nero
[...] All'estremità si vedeva un'alcova, le cui tende rosse, con ricami d'oro sbiadito dal tempo e dall'umidità, erano abbassate.
"Signora" - disse il capitano. "Vi prego d'alzarvi. Delle persone che hanno conosciuto vostro padre sono venute qui e vi aspettano."
Un grido si udì dietro alle tende, un grido di stupore e anche di gioia; poi una fanciulla con una mossa fulminea erasi slanciata fuori dall'alcova, fissando i suoi occhi sui due filibustieri che si erano levati i berretti.
Era una bellissima fanciulla, di quindici o sedici anni, alta e flessibile come un giunco, dalla pelle pallidissima, quasi alabastrina, con la tinta che ricordava suo padre il Corsaro Nero; aveva due occhi grandi, d'un nero intenso, e lunghe ciglia che lasciavano cadere sul suo viso la loro ombra.
I suoi capelli, neri come l'ala di un corvo, li teneva sciolti sulle spalle, legati solamente presso la nuca da una piccola fila di perle. Indossava una semplice cappa bianco, con guarnizioni di trine e un sottile ricamo d'oro sulle larghe maniche.
Vedendo i due corsari, si lasciò sfuggire un secondo grido e rimase colla bocca aperta, mostrando due file di denti piccoli come granelli di riso e più splendenti dell'opale.
"Signorina di Ventimiglia" disse Carmaux, inchinandosi goffamente e con un certo imbarazzo, "noi siamo due fedeli marinai di vostro padre, qui mandati dal suo antico luogotenente, il capitano Morgan..."
"Morgan!..." esclamò la fanciulla. "Morgan!... Il comandante in seconda della Folgore?"
"Sì, signorina. Avete udito a parlare di lui?"
"Mio padre è morto troppo presto perché me ne parlasse" disse la fanciulla con profonda tristezza, "ma, nelle sue memorie, ho trovato molte volte il nome di quel fedele e valoroso corsaro, che lo seguì sui mari e che lo aiutò a compiere le sue vendette. Dov'è ora?"
"Qui, in Maracaybo, signorina."
"Morgan qui? Allora i filibustieri della Tortue hanno preso la città!"
"Da stamane."
"E potrò vederlo?"
"Quando vorrete."
"E voi, capitano, me lo permetterete?" chiese volgendosi verso lo spagnolo.
"Voi siete libera, signora, dal momento che il governatore è fuggito."
"Ah!" fece la giovane, con accento un po' ironico. "Il conte di Medina è scappato dinanzi ai filibustieri della Tortue? Lo credevo più valoroso."
"Meglio la fuga che la prigionia."
"Già, per coloro che non sanno morire combattendo. Sicché io sono libera?"
"E sotto la nostra protezione, signorina" disse Carmaux.
"Voi siete..."
"Eravamo due devoti servitori di vostro padre, il Corsaro Nero."
"I vostri nomi."
"Carmaux e Wan Stiller."
La giovane si passò una mano sulla fronte, come per risvegliare delle lontane memorie, poi disse: "Carmaux... Wan Stiller... voi dovete aver accompagnato mio padre nella Florida... dopo l'esplosione del vascello di mio nonno il duca... Nelle memorie scritte e lasciate a me da mio padre io ho trovato molte volte i vostri nomi..."
Fece alcuni passi innanzi e tese le sue belle mani dalle dita affusolate verso i due filibustieri, dicendo:
"Una stretta, eroi del mare, fedeli compagni di mio padre nella sua triste vita avventurosa."
I due corsari, confusi, impacciati, chiusero le due manine fra le loro dita ruvide e callose, borbottando qualche parola.
"Ed ora" disse la fanciulla "sono con voi, se il capitano non si oppone."
Si gettò sulle spalle una lunga mantiglia di seta nera con pizzi di Venezia, prese un grazioso cappello di feltro oscuro adorno d'una piuma nera e si mise fra i due corsari, dicendo al capitano con accento ironico:
"I miei saluti al signor conte di Medina e Torres, e ditegli che se mi vorrà, bisognerà che venga a prendermi alla Tortue, se ne avrà il coraggio." [...][Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1905, Capitolo VIII]
[...] Rientrarono nella sala del Consiglio. Morgan conferì per qualche minuto coi suoi ufficiali, dando gli ordini opportuni, onde prima che le tenebre scendessero, gli equipaggi, i prigionieri e le ricchezze accumulate si trovassero a bordo dei legni; poi seguì Carmaux entrando nel salotto dove si trovava la figlia del Corsaro Nero.
Appena si trovò in presenza della fanciulla, un grido gli sfuggì.
"Mi sembra di vedere in voi, signora" le disse inchinandosi galantemente "il fiero gentiluomo d'oltremare."
"Siete voi il capitano Morgan?" chiese la fanciulla con voce armoniosa, fissando sul formidabile filibustiere, che empiva ormai già il mondo delle sue audaci imprese, i suoi grandi occhi neri.
"Sì" egli rispose, "Io ero il luogotenente di vostro padre, signora."
"Morgan" disse Jolanda, senza staccare un solo istante i suoi sguardi dal fiero scorridore del mare. "Quante volte ho trovato questo nome nelle memorie lasciate da mio padre! Sapete che io ho lasciato l'Europa, per venire a chiedere la vostra protezione?"
"Contro chi, signora?" chiese il filibustiere.
"Contro il conte di Medina, che mi nega i diritti indiscutibili che io ho sull'eredità di mia madre, la duchessa Honorata Wan Guld."
"Se voi, signora, prima di salpare dai porti dell'Europa, mi aveste avvertito delle vostre intenzioni, avrei lasciata la Tortue con una flotta imponente per venirvi ad incontrare all'entrata del golfo del Messico. Sarebbe bastata la notizia che la figlia del Corsaro Nero veniva a chiedere la protezione dei Fratelli della Costa, perché tutti i filibustieri della Tortue si mettessero in mare. Vostro padre, o signora, quantunque sia scomparso da molti anni, conta ancora più amici che i più famosi corsari, me compreso."
"Sì" disse la fanciulla con un sospiro. "Mio padre aveva qui, fra gli eroi del mare, ancora molti devoti camerati."
"Signora" disse Morgan con impeto. "Vi hanno usata qualche villania gli spagnoli? Parlate e, parola di Morgan, voi ne avrete pronta vendetta."
Jolanda lo guardò a lungo in silenzio, quasi sorridendo, poi disse: "No."
"Nemmeno il governatore?"
"No."
"Eppure io so che meditava di farvi sparire."
"Farmi... sparire?"
"Sì, signora."
"Per qual motivo?" chiese la fanciulla con stupore.
"Ve lo dirò in un altro momento."
"Queste parole mi sorprendono. So che il governatore insisteva perché rinunciassi in favore del governo spagnolo ai miei diritti sulle vaste possessioni che appartenevano a mia madre, dopo la morte del duca, mio nonno."
"E avete rinunciato?"
"Oh, mai!..."
"Non vi ha minacciato?"
La fanciulla parve riflettere qualche istante, poi disse:
"Mi ha parlato di vendetta, che egli era stato incaricato di compiere."
"Miserabile!" gridò Morgan. "Il giaguaro voleva ingannarvi, prima di divorarvi."
"Dite?" chiese Jolanda.
"Signora, si dice che il governatore sia fuggito a Gibraltar. In questo momento i miei uomini stanno imbarcandosi per andarlo a trovare, non potendo essere io tranquillo finché quell'uomo non sarà in mia mano. Vi offro sulla mia nave, che porta il nome glorioso e temuto della invincibile Folgore che comandava vostro padre, un posto. Mi seguirete voi? Sarete sotto la protezione della bandiera dei Fratelli della Costa e nessuno potrà giungere fino a voi, se prima non ci avranno distrutti dal primo all'ultimo. Accettate?"
"Ho fede nella lealtà dei filibustieri, compagni di mio padre" rispose la fanciulla. "Capitano Morgan, io appartengo alla filibusteria."
"Venite, signora, e si provino gli spagnoli a strapparvi agli scorridori del mare della Tortue." [...] [Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1905, Capitolo IX]
[...] Morgan si spinse rapidamente innanzi, seguíto da Jolanda e giunse sulla riva d'un corso d'acqua assai rapido, non più largo d'una mezza dozzina di metri, che scorreva fra due vere muraglie di verzura.
Gli alberi erano così immensi che congiungevano i loro rami e le loro foglie attraverso il fiumicello, formando una vôlta quasi impenetrabile ai raggi del sole.
Morgan si curvò sulla riva e scorse, semi-nascosto fra le larghe foglie dei mucumucu, uno di quei canotti scavati nel tronco d'un bambù gigante, chiamati montarias, armato di quattro pagaje dalla pala assai larga ed il manico molto corto.
"Eccola la piroga!" gridò. "Presto, signora, imbarcatevi."
Aiutò la fanciulla a scendere la riva che era molto ripida e coperta di arbusti spinosi e la fece imbarcare nel canotto.
Stava per risalire onde chiamare i compagni, quando delle urla spaventevoli scoppiarono nella foresta.
"Signor Morgan" udì a gridare Carmaux. "Salvate la signora!... Fuggite!..."
Invece di obbedire, il filibustiere si spinse fino sulla cima della sponda e vide Carmaux ed i due indiani fuggire a precipizio verso il folto della foresta, inseguiti da sette od otto uomini semi-nudi, di statura altissima, col viso adorno di lunghe barbe e che lanciavano delle freccie con rapidità prodigiosa.
"Gli Oyaculè!..." esclamò. "Qui, Carmaux, qui!... Il canotto!... Il canotto!..."
Era troppo tardi, poiché gli antropofagi, forse senza volerlo, si erano gettati fra i fuggiaschi ed il fiume, impedendo così loro di salvarsi nella piroga.
Udendo le grida di Morgan, tre uomini si staccarono dal gruppo e gli lanciarono contro alcune freccie, senza riuscire a colpirlo.
Il filibustiere, comprendendo che ormai non poteva più contare sui suoi compagni, con due salti raggiunse il fiume e si gettò nel canotto, gridando alla fanciulla che aveva armata risolutamente la pistola:
"Gettatevi nel fondo della piroga, signora!... Vengono!..."
Poi, mentre Jolanda obbediva, prese due pagaie e, strappata la corda, si spinse al largo remando affannosamente.
Si era allontanato di una decina di metri, quando i tre selvaggi che gli si erano volti contro, comparvero sulla riva.
Tre freccie sibilarono, seguìte da un grido di dolore. Due si erano piantate sul bordo, la terza invece, meglio diretta, si era conficcata profondamente nel petto del filibustiere, quasi all'altezza della spalla destra.
Jolanda, che lo aveva veduto strapparsi furiosamente il sottile cannello di bambù e che aveva udito il suo grido di dolore, si era alzata di colpo e scorgendo i tre selvaggi che stavano per tendere nuovamente gli archi, scaricò sul più vicino un colpo di pistola.
L'antropofago, colpito alla testa, rotolò giù per la riva sbattendo pazzamente le braccia e piombò in acqua, affondando subito.
Gli altri due, spaventati dallo sparo, forse il primo che udivano, e dalla morte fulminea del loro compagno, risalirono precipitosamente la riva scomparendo fra le piante.
La fanciulla, che era diventata pallidissima, s'accostò a Morgan il quale, non ostante il dolore intenso che doveva produrgli la ferita, continuava ad arrancare con suprema energia.
"Non sarà cosa grave, signora" disse il filibustiere cercando di sorridere. "La punta è rimasta nella carne, e più tardi la estrarremo."
"Mio Dio, e se la punta fosse avvelenata!..."
"Non conoscono i veleni questi selvaggi, rassicuratevi, signora Jolanda. Prendete le pagaie e aiutatemi meglio che potrete. È necessario allontanarci prima che quei furfanti ricompariscano. Oh!... Voi tirate meravigliosamente!... Grazie!..."
"Vedo il sangue trapelare attraverso la vostra giubba. Permettete che vi fasci la ferita."
"Più tardi... lasciate che coli... presto, signora... possono giungere a crivellarci di freccie."
La fanciulla, comprendendo che non sarebbe riuscita ad indurre il fiero corsaro a lasciarsi fasciar la ferita e, temendo che gli antropofagi ricomparissero e tornassero per dargli il colpo di grazia, prese le altre due pagaie e si mise a remare per aiutarlo.
Era profondamente commossa e voltava ad ogni istante il capo verso il filibustiere, chiedendogli con premura:
"Volete riposarvi, signor Morgan? Lasciate a me la cura di condurre il canotto. So guidare una scialuppa." [...] [Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1905, Capitolo XX ]
Nelle foto: Jolanda di Ventimiglia, illustrazioni di Alberto Della Valle. Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1905.
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