Darma Il re del mare
[...] - Signor Yanez! Buon giorno! - disse in quel momento una giovane, comparendo sulla piattaforma.
Il portoghese aveva mandato un grido:
- Darma!
Una bellissima fanciulla di forse quindici anni, dal corpo flessuoso come una palma, con lunghi capelli neri, un po' inanellati, la pelle del viso leggermente abbronzata e vellutata come quella delle donne indiane, ma assai più chiara, i lineamenti perfetti che sembravano più caucasici che indù, si era fermata dinanzi al portoghese, fissandolo coi suoi occhi neri e scintillanti come carbonchi.
Indossava un costume mezzo europeo e mezzo indiano, che le dava una grazia unica, composta d'un busticino di broccatello, con ricami d'oro, d'un'ampia fascia di cascemir che le cadeva sulle anche ben arrotondate e d'una sottanina piuttosto corta che lasciava vedere i calzoncini di seta bianca che le scendevano fino sulle scarpettine di pelle rossa, a punta rialzata.
- Ben felice di rivedervi, signor Yanez, - riprese la fanciulla, tendendogli una manina da fata. - Sono due anni che vi abbiamo lasciato.
- Abbiamo sempre da fare laggiù, a Mompracem.
- Medita sempre spedizioni la Tigre della Malesia? Che uomo terribile, - disse Darma sorridendo. - Ah... il cannone! Non udite?
- È già mezz'ora che rimbomba, figlia mia, - disse Tremal-Naik, - e annunzia forse una grave disgrazia.
- Chi è che fa fuoco, padre?
- Sono le tigri di Mompracem. [...] Il re del mare, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1906, Prima parte, capitolo VIII]
[...] L'anglo-indiano s'inchinò ringraziando e salì sul cassero dove aveva veduto Darma seduta su una sedia a dondolo posta sotto la tenda tesa all'altezza delle grue.
La giovane fingeva di leggere un libro, ma invece sotto le lunghe palpebre, non aveva cessato di guardare il capitano.
- Miss Darma, - disse sir Moreland, accostandosi alla giovane. - Mi permettete di sedermi presso di voi?
- Vi aspettavo, - rispose la figlia di Tremal-Naik, arrossendo leggermente. - Starete meglio qui che nella vostra cabina, dove si soffoca.
Il dottor Held offrì al convalescente una sedia, poi accesa una sigaretta andò a raggiungere Yanez il quale si divertiva ad osservare, insieme a Surama, i salti dei poveri pesci volanti perseguitati dalle dorate ed in aria dagli uccelli marini.
L'anglo-indiano rimase alcuni istanti silenzioso, guardando la giovane, più bella che mai, nel suo lungo accappatoio di percallino azzurro guernito con pizzi, poi disse con un tono di voce nel quale si sentiva una strana vibrazione:
- Quale felicità trovarmi qui, dopo tanti giorni di prigionia e ancora presso di voi, mentre avevo avuto il timore di non più rivedervi dopo la vostra fuga da Redjang. Mi avete giuocato per bene, miss.
- Non avete serbato alcun ràncore verso di me, sir Moreland, di avervi ingannato?
- Nessuno, miss: eravate nel vostro diritto di ricorrere a qualunque astuzia per ricuperare la libertà. Avrei però preferito tenervi mia prigioniera.
- Perchè?
- Non lo so: mi sentivo felice presso di voi.
Il capitano sospirò a lungo, poi con voce triste disse:
- Eppure il destino m'imporrà di dimenticarvi.
Darma, udendo quelle parole, era diventata pallidissima, pure disse:
- Sì, sir Moreland, bisognerà piegarsi dinanzi alle avversità del destino.
- E tuttavia, - riprese il capitano, - non so che cosa farei per infrangere i decreti della sorte.
- Non dimenticate, Sir, che fra noi sta la guerra e che questa ci dividerà per sempre. Che cosa direbbero mio padre, Yanez e Sandokan se sapessero che io ho accettato la mano di uno dei loro nemici? E che cosa direbbero i vostri, il cui odio verso di noi è ancor più profondo, più accanito, più spietato? Avete pensato a ciò, sir Moreland? Voi, uno dei più brillanti e dei più valorosi ufficiali della marina del rajah a cui la vostra patria ha armato il braccio per sopprimerci senza misericordia, sposare la protetta dei pirati di Mompracem? Vedete bene che la cosa sarebbe impossibile: un sogno che non potrà mai diventare realtà, perchè l'abisso che ci separa è troppo profondo.
- Il nostro amore lo colmerebbe, perchè l'amore non ha patria, se...
- Vorrei che così fosse, - disse Darma con voce triste. - sir Moreland, dimenticatemi. Un giorno voi sarete libero, scordatevi di me, riprendete il mare e obbedite alla voce del dovere che vi chiede il nostro sterminio. Dimenticate che su questa nave si trova una fanciulla che voi avete amata e che pur vi ha amato e fate tuonare, senza misericordia, le vostre artiglierie su di noi, colateci a fondo o fateci saltare in aria. La nostra sorte ormai è scritta a lettere di sangue sul gran libro del destino e tutti noi siamo pronti a subirla.
- Io uccidere voi! - esclamò l'anglo-indiano. - Tutti gli altri sì, ma non voi.
Aveva pronunciato quelle parole "gli altri" con un tale accento d'odio, che Darma lo guardò con ispavento.
- Si direbbe che voi avete dei segreti rancori contro Yanez e Sandokan e anche contro mio padre.
Sir Moreland si era morso le labbra, come se fosse pentito di essersi lasciato sfuggire quelle parole, poi riprese prontamente:
- Un capitano non può perdonare a coloro che lo hanno vinto e che gli hanno affondata la nave. Io sono disonorato ed è necessario che mi prenda una rivincita un giorno o l'altro.
- E li annegherete tutti? - chiese Darma con ispavento.
- Sarebbe stato meglio che io fossi colato a fondo colla mia nave, - disse il capitano, sfuggendo la domanda rivoltagli dalla giovane. - Quell'urlo terribile che mi perseguita non lo avrei più udito.
- Che cosa dite, sir Moreland?
- Nulla, - rispose l'anglo-indiano con voce sorda. - Nulla, miss Darma. Fantasticavo.
Si era alzato, mettendosi a passeggiare con agitazione, come se più non si sentisse i dolori che doveva produrgli la ferita non ancora interamente rimarginata.[...] [Il re del mare, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1906, Seconda parte, capitolo VII]
Nelle foto: Darma, illustrazioni di Alberto Della Valle. Il re del mare, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1906.
[...] L'anglo-indiano scosse il capo senza rispondere, poi offrendo il braccio alla giovane e conducendola verso la poppa, le disse con certa agitazione.
- Vorrei strapparvi una promessa, miss.
- Quale, sir Moreland? - chiese Darma.
- Di non imbarcarvi più sul Re del Mare.
- Se sono prigioniera?
- Il rajah vi rimetterà subito in libertà.
- È impossibile, Sir: colà vi è mio padre ed egli non lascerà il Re del Mare. La sua sorte è unita a quella degli ultimi pirati di Mompracem.
- Pensate che io un giorno mi troverò nuovamente dinanzi alla nave di Sandokan e che forse toccherà a me colarla a fondo e dare anche a voi la morte, io che darei invece tutto il mio sangue per voi. Che cosa rispondete, miss Darma.
- Lasciate tutto al destino, sir Moreland, - rispose la giovane.
- Eppure mi amate.
Darma lo guardò, senza rispondere; i suoi occhi erano umidi.
- Ditemelo, Darma.
- Sì, - mormorò ella, con una voce così lieve che parve un soffio.
- Mi giurate di non dimenticarmi?
- Ve lo giuro.
- Ho fede nel nostro destino, Darma.
- Ed io temo invece che sarà fatale ad entrambi. Il nostro affetto è nato sotto una cattiva stella, sir Moreland, lo sento, - disse la giovane con voce triste.
- Non parlate così, miss Darma.
- Che volete, sir Moreland, vedo buio nel nostro avvenire. Mi pare che una catastrofe non lontana minacci noi due. Questa guerra sarà fatale anche a noi.
- Voi potrete evitare questo pericolo, Darma. Esso sta nascosto negli abissi dell'Atlantico.
- Ed in quale modo?
- Abbandonando il Re del Mare al suo destino, ve lo dissi già.
- No, sir Moreland. Finchè sventolerà la bandiera delle tigri di Mompracem, Darma, la protetta di Sandokan e Yanez, non lascerà la nave.
- E non sapete dunque che essi sono destinati a perire tutti? Le migliori e le più possenti navi della marina inglese fra poco piomberanno su questi mari e spazzeranno via il corsaro. Fuggirà, vincerà forse altre battaglie, eppure presto o tardi dovrà soccombere sotto le nostre artiglierie.
- Ve lo dissi ancora: noi sapremo morire da valorosi, al grido di: Viva Mompracem!
- Bella e coraggiosa, come una vera eroina! - esclamò sir Moreland, guardandola con ammirazione. - Ed il fiotto di sangue sarà fatale a tutti!... [...] [Il re del mare, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1906, Seconda parte, capitolo X]
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Le eroine salgariane
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