Ada Corishant I Misteri della Jungla Nera/I Pirati della Malesia
[...]
- L'ho veduta nella jungla, Kammamuri, - disse Tremal-Naik con voce
cupa. - Era una sera, oh non la scorderò mai, quella sera, Kammamuri!
Io cercavo i serpenti sulle rive d'un ruscello, laggiù, proprio nel
più folto dei bambù, quando a venti passi da me, in mezzo ad una
macchia di mussenda, dalle foglie sanguigne, apparve una visione, una
donna bella, raggiante, superba. Non ho mai creduto, Kammamuri, che
esistesse sulla terra una creatura così bella, né che gli dei del
cielo fossero capaci di crearla.
Aveva neri e vivi gli occhi, candidi i denti, bruna la pelle e dai
suoi capelli d'un castagno cupo, ondeggianti sulle spalle, ne veniva
un dolce profumo che inebbriava i sensi.
Ella mi guardò, emise un gemito lungo, straziante, poi scomparve al
mio sguardo. Mi sentii incapace di muovermi e rimasi là, colle braccia
tese innanzi, trasognato. Quando tornai in me e mi misi a cercarla, la
notte era scesa sulla jungla, e non vidi né udii più nulla.
Chi era quella apparizione? Una donna od uno spirito celeste? Ancora
lo ignoro. Tremal-Naik si tacque. [...] [I misteri della Jungla Nera, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1897, Capitolo I]
[...] L'ombra si era fermata dinanzi ad una massa nera, enorme che trovavasi
proprio al disotto della fune.
- Eccomi, orribile divinità! - esclamò una voce di donna che scosse
Tremal-Naik fino al fondo dell'anima.
Tremal-Naik al colmo della sorpresa udì una materia liquida
precipitare sul suolo e sentì spandersi per l'aria un profumo soave.
- Mostruosa gente! - pensò egli. - Eppure quell'ombra ha una voce
dolce come le note del "saranguy"... E strana! tremo come se avessi la
febbre. Perché?...
- Ti odio! - esclamò la medesima voce, con profonda amarezza. - Ti
odio, spaventevole divinità, che mi condannasti ad eterno martirio
dopo d'avermi distrutto tutto ciò che avevo di più caro sulla terra.
Assassini, possiate essere maledetti in questa e nell'altra vita!
Uno scoppio di pianto seguì la maledizione che quell'essere misterioso
aveva scagliato su quegli uomini che aveva chiamato assassini. Tremal-
Naik per la seconda volta fremette in tutte le membra e lui, l'uomo
dall'animo inaccessibile, lui, il selvaggio figlio della jungla, lui,
il "cacciatore di serpenti", per la prima volta in sua vita, si sentì
commosso.
Ebbe per un istante l'idea di lasciarsi cadere nel vuoto, ma un po' di
diffidenza lo trattenne. Del resto era troppo tardi, poiché l'ombra
s'era allontanata scomparendo nelle tenebre e poco dopo udì il cigolìo
della porta che schiudevasi. [...] [I misteri della Jungla Nera, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1897, Capitolo V]
Nella foto: Ada Corishant "La Vergine della Pagoda", illustrazione di Giuseppe Gamba. I misteri della Jungla Nera, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1897.
[...] - Che io sogni? - mormorò Tremal-Naik, stropicciandosi più volte le
palpebre. - Io non comprendo nulla!
Non aveva ancor finito, che un leggiero cigolìo giungeva ai suoi
orecchi. Si volse colla carabina in mano, ma quasi subito indietreggiò
fino alla mostruosa divinità, rattenendo a gran pena un grido di
stupore e di gioia.
Dinanzi a lui, sul limitare di una porta dorata, stavasene ritta una
fanciulla di meravigliosa bellezza, col più angoscioso terrore dipinto
sul volto.
Poteva avere quattordici anni. La sua taglia era graziosa e di forme
superbamente eleganti. Aveva i lineamenti d'una purezza antica, animati dalla scintillante
espressione della donna anglo-indiana.
La pelle era rosea, d'una morbidezza impareggiabile, gli occhi grandi
neri e scintillanti come diamanti, un naso diritto che nulla aveva
d'indiano, labbra sottili, coralline, schiuse ad un melanconico
sorriso che lasciava scorgere due file di denti d'abbagliante
bianchezza, una opulenta capigliatura d'un castano cupo, fuliginoso,
separata sulla fronte da un mazzetto di grosse perle, era raccolta in
nodi ed intrecciata con fiori di sciambaga dal soave profumo.
Tremal-Naik come si disse, era vivamente indietreggiato fino alla
mostruosa statua di bronzo.
- Ada!... Ada!... L'apparizione della jungla! - esclamò egli con voce
soffocata.
Non seppe dire di più e rimase lì, muto, ansante, trasognato a mirare
quella superba creatura che continuava a fissarlo con profondo
terrore. Ad un tratto quella fanciulla fece un passo innanzi lasciando
cadere a terra l'ampio "sari" di seta, orlato d'una larga striscia
azzurra, fregiata di complicati disegni, che ricoprivala come un ampio
mantello.
Un fascio di luce abbagliante l'avvolse, togliendola alla vista del
"cacciatore di serpenti" che fu forzato a chiudere gli occhi.
Quella fanciulla era coperta letteralmente d'oro e di pietre preziose
d'inestimabile prezzo. Una corazza d'oro, tempestata dei più bei
diamanti del Golconda e del Guzerate, decorata del misterioso serpente
colla testa di donna, le racchiudeva tutto il seno e spariva in un
largo scialle di cachemire trapunto d'argento, che cingevale i
fianchi; molteplici collane di perle e di diamanti le pendevano dal
collo, grossi come nocciuole; larghi braccialetti pur tempestati di
pietre preziose le ornavano le nude braccia, ed i calzoncini larghi,
di seta bianca, erano stretti sul collo dei piedi nudi e piccini, da
cerchietti di corallo della più bella tinta rossa. Un raggio di sole,
penetrato da uno stretto pertugio, battendo sopra quella profusione di
ori e di gioie aveva per così dire immersa la giovanetta in un mare di
luce d'un fulgore acciecante.
- La visione!... La visione!... - ripeté per la seconda volta Tremal-
Naik, tendendo le braccia verso di lei! - Oh! quanto è bella!...
La giovanetta si guardò attorno con smarrimento e portò un dito sulle
labbra, come per invitarlo a tacere, poi camminò dritta verso di lui.
- Sciagurato! - diss'ella con ispavento. - Cosa sei venuto a far
qui?... Qual follia ti trascinò in quest'orribile luogo?...
Il "cacciatore di serpenti", senza volerlo, era caduto in ginocchio
tendendo le mani verso di lei che indietreggiò con maggiore spavento.
- Non toccarmi! - diss'ella, con un filo di voce.
Tremal-Naik aveva emesso un sospiro:
- Sei bella! esclamò egli con passione.
- Taci, Tremal-Naik!
- Sei bella!... ripeté il selvaggio figlio della jungla. Ella gli pose
un dito sulle labbra.
- Se non vuoi perdermi, non fare rumore, - disse la giovanetta con
dolce rimprovero. - Tu non sai ancora, i tremendi pericoli che ci
minacciano.
- Io sono Tremal-Naik! Chi è quest'uomo che ti minaccia? Dimmelo ed
io, il "cacciatore di serpenti", ti giuro che domani questo nemico
sarà scomparso dalla terra!...
- Non parlare così, Tremal-Naik!
- Perché?... Senti, fanciulla: non aveva mai veduto un volto di donna
nella mia jungla popolata dalle sole tigri. Quand'io per la prima
volta ti vidi, agli ultimi raggi del sole morente, là, dietro quel
cespuglio di mussenda, mi sono sentito scuotere tutto. Mi parve che tu
fossi una divinità scesa dal cielo e t'adorai.
- Taci! taci! - ripeté con voce rotta la fanciulla, nascondendosi il
volto fra le mani.
- Non posso tacere, vago fiore della jungla! - esclamò Tremal-Naik con
maggior passione. - Quando tu scomparisti, mi parve che qualche cosa
si staccasse dal mio cuore. Ero come ubriaco, dinanzi agli occhi mi
danzava la tua visione, nelle vene scorrevami più rapido il sangue e
lingue di fuoco mi salivano in volto e più su fino al cervello. Si
avrebbe detto che tu mi avevi stregato!
- Tremal-Naik! - mormorò con ansia la fanciulla.
- Quella notte non dormii, - proseguì il "cacciatore di serpenti". -
Avevo la febbre indosso e una smania furiosa di rivederti. Perché? Io
l'ignorava, né sapeva capacitarmi come ciò accadesse. Era la prima
volta in vita mia che provavo una tale emozione. Passarono quindici
giorni. Tutte le sere, al calar del sole, io ti rivedeva dietro al
mussenda ed io mi sentivo felice dinanzi a te; mi pareva di esser
trasportato in un altro mondo mi pareva di essere diventato un altro
uomo. Tu non mi parlavi, ma mi guardavi e per me era anche troppo;
quei tuoi sguardi erano eloquenti e mi dicevano che tu...
S'arrestò ansante, guardando la fanciulla che teneva il volto nascosto
fra le mani.
- Ah! - esclamò egli con dolore. - Tu adunque non vuoi che parli.
La fanciulla si scosse e lo fissò, con occhi umidi.
- Perché parlare, - balbettò ella, - quando tra noi v'è un abisso? Perché sei venuto qui, sciagurato, a ridestare nel mio cuore una
speranza vana? Non sai tu adunque, che questo luogo è maledetto,
interdetto soprattutto a colui che io amo?
- Che io amo! - esclamò Tremal-Naik, con gioia. Ripeti, ripeti questa
parola, vago fiore della jungla! E' vero adunque che tu mi ami? E'
vero dunque che tu venivi ogni sera dietro il mussenda perché mi
amavi?
- Non farmi morire, Tremal-Naik, - esclamò la fanciulla con angoscia.
- Morire! Perché? Qual pericolo ti minaccia? Non sono qui io a
difenderti? Che importa se questo luogo è maledetto? Che importa se
fra noi due v'è un abisso? Io sono forte, tanto forte che per te
scrollerei questo tempio e infrangerei quell'orribile mostro, dinanzi
al quale tu versi dei profumi.
- Come, tu sai questo? Chi te lo disse?
- T'ho veduta questa notte.
- Questa notte eri qui dunque?
- Sì, ero qui, anzi lassù aggrappato a quella lampada, proprio sopra
al tuo capo.
- Ma chi ti condusse in questo tempio?
- La sorte, o meglio il laccio degli uomini che abitano questa terra
maledetta.
- T'hanno dunque veduto?
- M'hanno dato la caccia.
- Ah! disgraziato, sei perduto! - esclamò la fanciulla con
disperazione.
Tremal-Naik si slanciò verso di lei.
- Ma dimmi, qual mistero è questo? - chiese egli con furore, a gran
pena frenato. - Perché tanto terrore? Che cosa vuol dire quella
mostruosa figura che ha bisogno di profumi? Cos'è quel pesce dorato
che nuota in quel bacino? Cosa significa quel serpente dalla testa di
donna che tu hai impresso sulla corazza? Chi sono questi uomini che
strangolano i loro simili e che vivono sotto terra? Io lo voglio
sapere, o Ada, io lo voglio!
- Non interrogarmi, Tremal-Naik.
- Perché?
- Ah! se tu sapessi qual terribile destino pesa su me!
- Ma io son forte.
- Che vale la forza contro questi uomini?
- Farò a loro una guerra spietata.
- T'infrangeranno come un giovane bambù. Non sfidano essi la possanza
dell'Inghilterra? Sono forti, Tremal-Naik, e tremendi! Nulla resiste a
loro: né le flotte, né gli eserciti. Tutto cade dinanzi al velenoso
loro soffio.
- Ma chi sono adunque essi?
- Non posso dirlo.
- E se io te lo comandassi?
- Rifiuterei.
- Dunque tu... diffidi di me! - esclamò Tremal-Naik con rabbia.
- Tremal-Naik! Tremal-Naik! - mormorò l'infelice giovanetta, con
accento straziante.
Il "cacciatore di serpenti" si torse le braccia.
- Tremal-Naik, - proseguì la fanciulla, - una condanna pesa su di me,
una condanna terribile, spaventevole, che non cesserà che colla mia
morte. Io t'ho amato, prode figlio della jungla, t'amo sempre, ma...
- Ah! tu mi ami! - esclamò il "cacciatore di serpenti".
- Sì, ti amo, Tremal-Naik.
- Giuralo su quel mostro che ci sta dappresso.
- Lo giuro! - disse la giovanetta, tendendo la mano verso la statua di
bronzo.
- Giura che tu sarai mia sposa!...
Uno spasimo scompose i lineamenti della giovanetta.
- Tremal-Naik, - mormorò - ella con voce cupa, sarò tua sposa, se pure
sarà possibile!
- Ah! ho forse un rivale.
- No, né vi sarà alcuno tanto audace da fissare il suo sguardo su di
me. Appartengo alla morte.
Tremal-Naik aveva fatto due passi indietro colle mani strette al capo.
- Alla morte!... - esclamò.
- Sì, Tremal-Naik, appartengo alla morte. Il giorno in cui un uomo
poserà le sue mani su di me, il laccio dei vendicatori troncherà la
mia vita.
- Ma sogno io forse?
- No, sei sveglio e colei che ti parla è la donna che ti ama.
- Ah! tremendo mistero!
- Sì, tremendo mistero, Tremal-Naik. Tra noi v'è un abisso che nessuno
sarà capace di colmare... Fatalità! Ma cosa ho fatto io per essere
così disgraziata? Qual delitto ho commesso io, per essere maledetta?
Uno scoppio di pianto soffocò la sua voce ed il suo volto s'irrigò di
lagrime. Tremal-Naik emise un sordo ruggito e strinse le pugna con
tale forza da far crocchiare le ossa.
- Che posso fare per te? - chiese egli, commosso fino al fondo
dell'anima. - Queste tue lagrime mi fanno male, vago fiore della
jungla. Dimmi che devo fare, comanda ed io ti ubbidirò più d'uno
schiavo. Vuoi che io ti tragga da questo luogo, io lo farò, dovessi
lasciare la vita nel tentativo.
- Oh! no, no! - esclamò la giovanetta, con ispavento. - Sarebbe la
morte per entrambi.
- Vuoi che io parta di qui? Senti, io ti amo assai, ma se la tua
esistenza richiedesse la separazione eterna fra noi due, io infrangerò
l'amore che nacque nel mio cuore. Sarò dannato, sarà un martirio
continuo per me, ma lo farò. Parla, cosa devo fare?
La giovanetta taceva e singhiozzava. Tremal-Naik l'attirò dolcemente a
sé e stava per aprire le labbra, quando al di fuori echeggiò l'acuta
nota del "ramsinga".
- Fuggi! fuggi, Tremal-Naik! - esclamò la giovanetta, fuori di sé pel
terrore. - Fuggi o siamo perduti! [...] [I misteri della Jungla Nera, E. Salgari, Donath Editore, Genova, 1897, Capitolo V]
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