La febbre dell'oro
Enrico Baldassari

 

Dopo alcune ore in treno Harrison era finalmente in Alaska, ghiacci sconfinati di insidie ma anche pieni d’oro.

Era questo che lo aveva spinto a fare quel viaggio?

   Miriadi di pensieri gli balenavano nella mente: ragazzo di diciassette anni doveva andare alla ricerca dell’ oro? era questo il suo destino? i portelloni del treno si aprirono ed Harry scese.

Alzò gli occhi.

 Il battito del cuore si fermò per qualche secondo.

Enormi montagne ricoperte di ghiaccio, vallate colme di neve, dove alcuni cani trainavano una slitta. Poi quella che doveva essere “The Big Stair”, la grande scala…

Era enorme, interamente di ghiaccio, s’inerpicava sopra la montagna, dove a stento si potevano riconoscere figure d’uomini indaffarati.

 Improvvisamente un boato squarciò il silenzio, sulla costa orientale del ghiacciaio un’enorme slavina travolgeva gli alberi e, giunta a valle travolse il piccolo paesino, il cui nome era (per i cercatori) Little Oregon.

 Per la prima volta Harry ebbe paura, provò angosce indescrivibili: le urla strazianti, grida laceranti lacrime.

 Harry cominciò a correre verso il luogo della disgrazia, non sapeva perché lo faceva, ma era sicuro che lo doveva fare. La confusione che regnava era enorme. Ladri che trafugavano nelle casupole semidistrutte da quella gelida morsa.

All’improvviso si sentì un urlo più acuto degli altri ed Harry raggiunse in quel luogo. Una donna era inginocchiata nella neve, era disperata, il dolore stava per avere il sopravvento.

 “Mio figlio”gridava la donna guardando la capanna semi-sotterrata dalla neve.

 Senza pensare, in preda ad una forza più grande di lui, Harry si mise a scavare, a levar travi di legno colme di schegge che trafiggevano le mani di Harry. D’un tratto ciò che sembrava una   gamba fece capolino dalla neve Harry raggruppò le forze, con la fronte che grondava di sudore e grandi dolori alle spalle, tirò fuori il corpo congelato dalla neve.

 Improvvisamente si sentì mancar, poi il buio totale.

Si risvegliò al caldo, alcune ore dopo.

Scrutò la stanza era accogliente l’atmosfera che vi regnava era confortevole. Alcune donne gli sorrisero. “Il signore la benedica” disse la più giovane, ”Vedrà che il suo nome sarà sulla bocca di tutta l’Alaska, non rimarrà pentito del gesto che ha fatto!”

 Aggiunse un’altra cameriera

.Harry si alzò e, ringraziando le gentil donne si avviò verso la Grande Scala, guardando con leggera amarezza il paesino di”Little Oregon”. Avviandosi verso quell’imponente struttura ricordò l’infanzia vissuta con suo padre, in quel giardino che d’estate profumava di fiori d’arancio.

Una gelida brezza lo riportò bruscamente alla realtà con passo lesto e con una gran determinazione Harry arrivò sotto la “Grande scala”. “Ecco qua il famoso eroe d’Oregon” disse una voce potente alle sue spalle con un accento che sembrava inglese, proprio come Harry. “Buon dì” ripose il ragazzo con un sorriso. “Mi scusi buon uomo, saprebbe dirmi qual è la via per le miniere d’oro?” disse Harry. “Certamente ragazzo mio, quell’insidioso sentiero è la tua via “ Harry lo sapeva. Si prospettava un’impresa.

 Dopo il suo eroico salvataggio, le avventure per Harry non erano assolutamente finite. Harry indossò i ramponi, impugnò la sua lucente e appuntita piccozza, pronta ad essere puntata saldamente nel duro e gelido ghiaccio. Harry cominciò la sua scalata, unito in cordata con una dozzina di altri uomini, molto più robusti di lui. Ad un tatto, la corda che pareva robusta si spezzò. Batté la testa contro un poderoso masso, Harry sentì il sapore del sangue nella sua bocca, poi il buio totale. Harrison si risvegliò in una buia tenda. Una piccola lampada illuminava fiocamente quella povera atmosfera.Da un’apertura intagliata nella tela, un uomo sulla quarantina, entrò nella tenda. “Ah, ragazzo, la tua fortuna è invidiabile, se non fosse per il mio Bud …ah, dimenticavo, il mio nome è John.” disse l’uomo accarezzando un cane dal pelo liscio e che brillava un poco alla luce della lanterna.”a quest’ora ti ritroveresti sotto la neve”.Harry, ringraziandolo, si accucciò nella sua branda, pensava.

 Dopo soli pochi giorni di permanenza in Alaska, aveva rischiato più volte la pelle.Forse, non era il suo destino...

La mattina seguente Harry uscì dalla tenda e iniziò insieme a John la sua scalata. Era sulla vetta della “Grande Scala”.

Pur con fatica, aveva raggiunto la tanto attesa meta.

E’ finita, pensò con un sorriso, in realtà era solo l’inizio…

L’uomo che gli aveva parlato la sera prima gli propose di lavorare per lui.

 Aggiunse che in cambio avrebbe avuto cinquanta dollari al mese.

John e il suo Bud erano una buffa coppia, lui cercatore dalla tenera età, mentre l'altro era un abile cane da traino.

Harry, giovane volenteroso e possente imparò presto, sia ad armare la slitta e imbracare o cani, a pulirli e a nutrirli suoi pasti erano frugali ma nutrienti.Durante la cena intorno al fuoco Jhon, da buon cercatore raccontò le sue storie, di lupi, di leggende e di racconti paurosi.

 Con i brividi (causati anche dal gelo) Harry scoprì i mille pericoli dell’Alaska.Soprattutto i lupi.

 Delle creature da sterminare secondo John.

Animali sanguinari, mangiatori di uomini, assetati di sangue.

L’Alaska n’era piena.

L’unica cosa che temevano era il fuoco.

Con questi pensieri i due si addormentarono. Ma la notte riservava alcune amare sorprese.Alcuni guaiti svegliarono Harry e John.

Un cane era a terra sanguinante, un branco di lupi ululava, la luna illuminava i loro occhi e i loro ululati terrificanti.

 Si muovevano in branco, la loro strategia era di spingere le loro prede verso un punto cieco, senza vie d’ uscita, e ci stavano riuscendo…

  Io guardavo John, lui guardava me.

Leggevo nei suoi occhi la paura mista alla rabbia. Capii che John non si voleva far divorare come un topo in gabbia.

 Harry pensò che non avrebbe placato la furia di quei lupi.

Con un gesto fulmineo, l’abile John estrasse una revolver  e, con un’ impeccabile mira colpì la testa di uno di loro.

In seguitò una pioggia di proiettili uccise ogni lupo.

Con il sangue raggelato nelle vene Harry e Jhon si scambiarono un  sarcastico sorriso,  e si riaddormentarono piuttosto inquieti.

La mattina seguente, i due amici fecero un’ abbondante colazione a base di gallette e di caffè. Avevano già perso un cane e ciò  non era cosa buona.

La giornata fu priva di insidie e risvegliò il buon umore dei due compagni, che nei giorni passati  rischiarono più volte la vita. Il clima era più mite e il cielo limpido.

La neve brillava alla luce del sole, aumentando la visibilità.

Quella notte fu una delle più emozionanti serate di Harry.

Quando arrivò il crepuscolo l’aurora boreale, rischiarò tutta la notte, lasciando a Jhon e all’incredulo Harry una commozione molto forte.

La mattina si prospettava dura e faticosa.

La bufera infuriava con forza. I cani sembravano irrequieti ed esitavano ad avanzare.

 Mancavano poche miglia al campo base.

Arrivarono a destinazione dopo alcune ore di cammino, che a Harry parve un’eternità.

Finalmente al campo base, i due, si concessero una pausa.

Un paio di giorni dopo i due compagni partirono.

Direzione miniere!

Il vento era cessato, e il sole illuminava la via.

 “Crede che incontreremo altri pericoli Signore?” Disse Harry.

“Non credo ragazzo, anche se l l’Alaska cela molte, insidiose sorprese; di certo poco gradevoli”.

Harry, che stava cibandoi cani non si accorse del digrignare  e del grugnire di un possente animale. Un gigantesco orso, dal manto lucido,  con la  bava alla bocca.

John, accortosi del pericolo trascinò accanto a se Harry e sottovoce gli disse.

“Per mille  slavine, ragazzo, fai come ti dico, altrimenti non salverai la tua pellaccia.

Fingiti morto, e  non muoverti per alcuna ragione.”

Così facendo i due si lasciarono cadere a terra.

L’ ingenuo orso fu ingannato da quel  trucco mediocre , e si allontanò, laciando scampo ai due amici, che dopo una breve pausa ripresero a marciare verso le Grandi Miniere…                   

 La neve riprese a scendere fitta. In alcuni momenti Harry pensò di lasciar stare e di tornare a casa, ma grazie al buon umore di John e  alle bellezze del paesaggio montuoso, Harry non rinunciò mai e decise di andare avanti.

Harry  e John si guardarono con un accennato sorriso di soddisfazione:

erano finalmente giunti alle miniere d’oro.

Harry fantasticò alcuni minuti: s’immaginò ricoperto d’oro in mezzo a vasche colme di denaro.

La voce di John interruppe bruscamente i suoi pensieri.

“Non sognare, ragazzo, la vita non sarà di certo facile in questa miniera, ove

 il rumore dei picconi t’impedisce di parlare e ove la luce manca anche di giorno.”

Anche se quelle parole lo spaventarono un po’ Harry non, si lasciò prendere dal panico, e da buon inglese decise di pensarci davanti ad un tè.

Harry rifletté a lungo sul da farsi e, anche se con nostalgia di casa decise di rimanere ancora per alcuni giorni: giusto il tempo  di arricchirsi un po’ re tornare glorioso in patria, dalla sua famiglia .

La mattina seguente Harry cominciò il suo lavoro in miniera.

Era  monotono e ripetitivo, il rumore assordante.

Almeno cento picconate per una sola pepita.

Stanco e deluso, Harry, cominciò  credere di non potercela fare e decise che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno in miniera.

Quel giorno, che concluse l‘avventura in Alaska  fu strabiliante.

Harry andò nella miniera come suo solito deciso di racimolare quante più pepite gli fosse stato possibile.

Insieme ad altri compagni  conosciuti lì Harry e John  si avviarono verso la parte più profonda delle miniere.

Dopo poche ore di lavoro, a suon di canzoni popolari e di picconate  un rumore improvviso interruppe i loro canti.

 La montagna stava per crollare.

Ogni singola persona nella arco di circa cento metri fu travolta dalla frana che non lasciò scampo.

“Nessuno ne uscirà vivo” penso in un gemito Harry.

” Moriremo tutti!!!”

Preso da una tremenda agitazione Harry, John e gli altri superstiti  tentarono di scappare imprecando e pregando il buon Dio.

Quand’ecco che un macigno colpisce il piede di John .

“Scappa ragazzo mio, non badare a me che sono un uomo, vai tu che hai tutta la vita davanti!!!”

“Mai, Mai! “ rispose Harry.

E così dicendo tirò, con tutte le forze rimaste , ed il piede sanguinante fu liberato.

 Ne seguì un urlo disperato di John , che però, tranquillizzato, sorrise.

Senza altri contrattempi Harry, che non sarebbe riuscito a fare un altro passo uscì dall’ infausta miniera, fra gli applausi e le grida Harry  si sdraiò a terra, ripensando al pericolo corso.

Qualche settimana dopo quando l’incubo era finito ed Harry stava  meglio Harry ricevette dal sindaco di Little Oregon una medaglia al valore, per non avere

abbandonato un cercatore in difficoltà e per il gran coraggio dimostrato, nonché

mille sterline in oro.

Dopo aver salutato John Harry risalì su quel treno che lo aveva portato ad iniziare quella grande avventura.

FINE