Le avventure salgariane trasposte in vignette


Per poter discutere di una qualsivoglia proposta del variopinto mondo dei Comics, è necessario aprire la propria analisi con una doverosa recusatio: il mondo dei fumetti non solo è un mondo vastissimo, una sorta di antesignano di Internet, un oceano sconfinato ed ambiguo dove smarrirsi è facile come immaginare di farlo (ed anche quando non lo si immagina ci si smarrisce lo stesso!), ma è anche un mondo rigurgitante trabocchetti, sofisticazioni, false piste, vicoli ciechi e snaturalizzazioni.
Ebbene si, il mondo dei Comics è tutto questo, e non c'è da stupirsene.
Da sempre esistono i "fumetti", sin da quando l'uomo ha capito di potere "creare" (ars poietica), ed ha iniziato a tracciare nervose figure sulle pareti di roccia delle sue primitive dimore. Ci siamo resi conto (dal Paleolitico ad oggi) che, avendo a disposizione nient'altro che uno strumento grafico (foss'anche il più banale, come un dito intinto nel terriccio all'epoca, o una penna Biro oggi) ed una superficie sulla quale tracciare segni che diano immagini di senso compiuto, è possibile inviare qualsivoglia tipo di messaggio.
E quando dico "qualsivoglia", intendo dire proprio "tutti" i tipi di messaggio, dall'innocua battuta per sorridere un pochino, al germe della rivoluzione.
Sta difatto che, anche molto prima che si cominciassero ad usare i termini fumetto ed albi a strisce ed essi divenissero proposte di uso comune, l'arte della "decorazione" (nella quale rientra appunto il fumetto, assieme a tante altre espressioni, tra cui: la miniatura, l'illustrazione, il cartone animato, tanto per citare alcuni esempi scontati) era una delle armi vincenti di quanti desiderassero divulgare messaggi atti a "smuovere le masse".
Non a caso, quando ci troviamo a sfogliare le pagine dei libri di storia, e vediamo apparire di fianco al testo immagini significative del periodo, un'immagine che non manca mai è la caricatura di tale o tal'altro personaggio, o la vignetta umoristica denigratoria. Caricature di Napoleone, di Hitler, di Cavuor e di praticamente tutti gli altri personaggi di rilievo della Storia, sono state oggetto di una produzione sconfinata ed hanno sortiti effetti molto più dirompenti di qualsiasi discorso politico, manovra diplomatica e persino delle minacce.
Questo per due ragioni fondamentali:
1) il "fumetto" costa poco, e più o meno chiunque può produrlo. Anche nel passato quando, a differenza di ora, non c'erano cellulari con videocamera e stampanti-fax all'appannaggio di ogni cittadino chiunque avesse avuto a disposizione foss'anche di un pezzetto di carbone e di un muro intonacato, avrebbe potuta sfornare la sua feroce satira, il suo messaggio d'amore, la sua frase rabbiosa, il suo pensiero ardito. Addirittura, a Roma, il popolo, non pago di ciò, si inventò persino di fare uscire i fumetti dalla bocca di personaggi, non grafici ma scultorei, ed ecco le famose statue parlanti, spesso molto volgari.
Questo ci collega al secondo aspetto del fumetto:
2) come il fumetto può essere prodotto da chiunque ed altrettanto da chiunque può essere fruito. Non è assolutamente necessario essere colti per fruire di un fumetto, il quale è composto quasi esclusivamente di immagini (non dimentichiamoci che in passato il popolo, cui venivano rivolti i messaggi, era composto in gran parte da analfabeti) e si tratta (e questo è molto importante sottilinearlo) di immagini veloci, ovvero: il fumettista, quando si accinge a produrre le sue tavole, non mantiene l'atteggiamento accademico del pittore, che impiega molto tempo (o meglio, "impiegava", mi riferisco ai pittori del passato, oggi le cose sono - ahimè - molto cambiate. Mi si perdoni l'espressione personale, ma sono pittore anch'io)a generare un'opera che abbia un significato (ed un senso) metempirico sovrindividuale.
Il fumettista produce qualcosa di tecnico avulso dalla dimensione metafisica, per concedersi ad un ambito più terreno (non a caso Ranuccio Bianchi Bandinelli desidera opportunamente distinguere l'arte dall'artigianato artistico), e quindi il lavoro di un fumettista (per meticoloso che possa essere) è sempre e comunque molto veloce e la sua opera, se messa a paragone con la (vera) pittura, appare più abbozzata che finita (come veniva sentenziato spesso delle opere di Tiziano, il quale aprì la strada al mondo del manierismo Veneto, laddove la pittura prese la veste dello spettacolo, avvicinandosi moltissimo a qualcosa che oggi chiamiamo cinema ed, in parte, all'argomento di cui sto trattando. Dunque Tiziano fu, sotto certi aspetti, anche un "fumettista" del post Rinascimento).
L'analisi di un'opera a fumetti, dunque, non presuppone un raffinato gusto artistico, nè, tantomeno, conoscenze profonde di Estetica e Storia dell'Arte. Il fumetto è qualcosa di più accostabile al cartellone pubblicitario, piuttosto che al quadro. Ciò non va necessariamente ad inficiare il suo valore: il già citato Bandinelli tiene a sottolineare che "laddove l'artigianato artistico sia supportato da un notevole talento, esso risulta, non solo tollerabile, ma addirittura prezioso", e vi sono, difatti, tavole a fumetti che risultano più spiritualmente elevate di molte opere pittoriche.
Tutta questa bella pappardella (la quale, sia detto a mo' di scusante il fatto di riconoscerlo) con Salgari non è che abbia molto (apparentemente) a che vedere. Era tuttavia necessaria ad introdurre l'argomento di cui vado ora per dissertare.
Ho aperta l'articolo dicendo che l'analisi di un'opera a fumetti è attività pericolosa ed a grave "rischio demagogico", e le ragioni di questo rischio le ho illustrate poc'anzi. Il fumetto, essendo accessibile a chiunque (tanto nella produzione, quanto nella fruizione) è oggetto di continue manipolazioni e mistificazioni; esattamente come Internet. Parlare di un'opera pubblicata a fumetti è complicato e pericoloso, come parlare di un'opera pubblicata sul web, e le opere che hanno visto come loro soggetti gli eroi salgariani non fanno eccezione. Vi è soltanto un aspetto che mi consente di poter creare dei margini orientativamente definiti (nei limiti del possibile, ovvio) entro i quali disegnare il mio schema, ed è rappresentato dal fatto che il mondo di Salgari, per quanto (naturalmente) non conosca tramonti e sia sempre attualizzabile, ha avuti i suoi periodi di maggiore fortuna per ciò che riguarda la sua trasposizione a fumetti soltanto in epoche passate. Al tempo il mondo del Comic era (come ho detto) già una prostituta, sulla quale chiunque, a poco prezzo poteva, spargere il suo seme, ma vero è anche che la produzione esclusivamente in strisce era ancora, per certi suoi ambiti, rinchiusa in una Torre d'Avorio, la quale, seppur in minima parte, la teneva piuttosto sulle sue, rispetto alle sue sorelle e cugine, figlie della Decorazione, che erano tutte avviate alla attività mercenaria.
Di conseguenza, storie come quelle narrate da Salgari, le quali (checchè se ne dica) rivolte di partenza ad un pubblico, se non proprio raffinato, quantomeno urbano, poterono venir pubblicate a fumetti in un circuito quasi sicuramente tutelato da viscide contaminazioni.
Un esempio piuttosto evidente della genuinità del Salgari a fumetti è dato dai deliziosi albi sceneggiati ed illustrati dal geniale Franco Chiletto (il cui fulgido esempio artistico basterebbe da solo a dare una giustificazione accademica al fumetto!) in epoca fascista e post- fascista. L'atteggiamento in parte "verista", semicrepuscolare, codazziano, in certi casi (specie nei racconti brevi in cui egli pone se stesso come protagonista) antieroico, razionalista, moderato, talvolta cinico, metodico, un pochino statico, disincantato e spesso amaro di Emilio Salgari, si presta eccezionalmente che meglio non si potrebbe, all'opera di un artista "architettonico" come Chiletto, il quale, proprio mercè la sua fama di rigido razionalista-tradizionalista-compassato (ma gran sognatore, delicato, dal tratto arioso e vivo), si era guadagnato il (meritatissimo) gratificante epiteto de il Cesellatore.
Con l'affermarsi delle strisce (Comic Strips) come genere sempre più amato di racconto alternativo, esse sono andate sostituendosi al libro, cosa la quale ha generato un cambiamento nei rapporti con il mondo del Fantastico. Laddove, difatti, una grafica sempre più autonoma ha finito per esautorare, con il suo virtuosismo, l'opera letteraria (vediamo come ora, tanto per citare un esempio, molti fumetti Americani e Giapponesi, basino sul solo effetto grafico la totalità del loro credito), mani come quella di Chiletto, ovvero mani più legate al paziente mondo del calamaio, piuttosto che a quello esplosivo del digitale, divennero sempre più rare, e con esse imboccò un cammino più tracciato nell'ombra anche il connubio tra Salgari ed il Fumetto.
Così Salgari trovò la sua giustizia in altre espressioni, piuttosto che nelle strisce, d'altronde, per quelli che sono i paradigmi del fumetto attuale, l'opera di Emilio Salgari potrebbe tornare sulle strips soltanto al prezzo di una certa qual "riedizione".
Insomma, il Corsaro Nero, dovrebbe vestire di una tuta aderente in pvc, viaggiare su un vascello a reazione e soprattutto dimenticarsi combattimenti con spade che si spezzano, ferite invalidanti e manovre legate alle leggi di gravità.
Eh no!
Dovrebbe affrontare trenta nemici alla volta; saltare come Batman ( magari - scenograficissimo! - lanciarsi nel vuoto utilizzando le gomene come Tarzan le liane); menare calci alla Bruce Lee (con tanto di Kiai) e , naturalmente, dato che siamo in mare, doversela vedere con una Piovra Gigante. Wan Guld sarebbe un gigante dall'armatura ricoperta di teschi umani e sarebbe circondato da sgherri tragicomici dall'anatomia improbabile, di cui, almeno uno, dovrebbe disporre di artigli d'adamantio, che scattano a molla fuori degli avambracci o dalla punta della dita. Io, personalmente, riterrei che questa versione "Cyber" del Corsaro Nero non sarebbe nè giusta nè sbagliata, non ci sarebbe nè di che esultare, nè di che piangere. I tempi cambiano, ed il nostro rapporto coi tempi che cambiano è basico,come quello che abbiamo con lo spazio fisico o col respirare.
Non c'è nessun dito accusatore da puntare contro nessuno. E non c'è neppure un'accusa da muovere. Ma, forse, un Corsaro Nero ipertrofico con indosso una tuta di pvc stile pervertito, non rientrava propriamente nelle intenzioni di Salgari.
Ed allora credo che sarebbe meglio lasciarlo lì dov'è.
Dunque, Salgari a fumetti può essere goduto solo attraverso un filtro altamente specifico e discrezionale. Non c'è da pensare che Salgari non possa conciliarsi con il mondo attuale e con tutte le realtà contingenti ed identitarie che lo compongono imprescindibilmente e che ne rappresentano sia l'essenza sia il dato empirico, sia quel paradossale tutt'uno di essenza e dato empirico; di sostanza e di accidente, che è la concretezza casistica che ci circonda e che non possiamo comprendere.
C'è soltanto da prendere in esame la situazione in tutte le sue luci e tutte le sue ombre e rendersi conto della differenza di mentalità che separa uno stile come quello di Chiletto, dalle folgorazioni dei Manga e rendersi conto che, per una corretta ipostatizzazione dell'opera Salgariana, la mano del "Cesellatore" è sicuramente più idonea. Ed in un mondo dove il modo stesso di fruire i messaggi è diverso da quello precedente, quindi dove il messaggio in se per se può anche essere lo stesso, ma ne è radicalmente mutata la comunicazione. Proporre Salgari a Fumetti, con la veste grafica e paratattica che più gli si converrebbe, sarebbe come voler tramandare un'opera antica riscrivendola sulle tavolette di cera come al tempo. E poi, chi lo sa! Le mode sono imprevedibili; probabile anche che si possa raggiungere un compromesso tra una il Corsaro Nero autentico (cioè quello "verista" con la spada che si spezza mentre combatte contro cinque avversari) e quello (soltanto ipotetico) moderno (vestito da maniaco sessuale che si batte lanciandosi appeso alle gomene, contro piovre giganti e tizi deformi che aggettano artigli dai dorsi delle mani).
Io potrei anche candidarmi per realizzare una trasposizione a fumetti "attuale" delle opere di Salgari. Magari potrei evitare le tute da depravato ma, forse, qualche bicipite ipertrofico e qualche tizio alto quattro metri, armato di motosega, mi ci scapperebbe fuori...

Antinoo Rossetti


Appunti di viaggio

Indice!

Questo sito è ideato e gestito da La Perla di Labuan