Salone del Libro di Torino: Domenica 9 maggio ore 12,02
Arrivo trafelato nella grande sala conferenze rossa, in leggerissimo ritardo, e mi appresto a mettere in funzione il mio piccolo registratore.
Pablo Ignacio Taibo II (si pronuncia "secundo"), volto aperto, simpatico, grossi baffoni, canticchia allegramente per provare il microfono di fronte ad un folto uditorio un po' stupito. Prende la parola il moderatore (Pietro Cheli) che introduce brevemente lo scrittore.
Mi rendo però subito conto che ogni registrazione sarà inutile. Non soltanto Pablo parla "a braccio", ma per seguire il suo intervento é indispensabile assistere di persona e cogliere le mille espressioni del suo viso e le intonazioni della sua voce accattivante in uno spagnolo musicale e carico di energia persuasiva. Si possono non condividere le sue idee politiche, tutt'altro che velate, ma non si può non essere contagiati dall'entusiasmo che comunica con ogni frase.
Taibo ha storto il naso ad ogni etichetta puramente ideologica, che la traduttrice senza volerlo gli attribuisce (difficile compito il suo, credetemi!) e ha più volte espresso il concetto del diritto alla "vengada" (vendetta) contro la violenza e la repressione del potere esercitato in forma disumanizzante.
La forza del pensiero dello scrittore, secondo me, é che non é necessario essere di destra o di sinistra per fremere di rabbia di fronte alle ingiustizie e alle persecuzioni patite (e questo é molto salgariano!).
Come la sorte patita da Edmond Dantes nel celebre romanzo di Dumas (esempio più volte portato da Taibo per spiegare la forza sovversiva contenuta nei romanzi) ogni uomo ha il diritto sacro di perseguire in modo implacabile i propri torturatori e i nemici che agiscono nell'ombra, in modo infame.
La cosa strana é che a parte un piccolo preludio, dove viene ricordata in modo scherzoso l'iniziativa di fare pressioni al sindaco di Ventimiglia, per fare erigere nella città ligure, una statua al Corsaro Nero, nel proseguio Salgari e i suoi personaggi sono citati pochissimo e tuttavia si riconosce chiaramente la profonda impronta salgariana che muove l'esposizione dello scittore e caratterizza lo spirito anti-imperialista del suo messaggio.
Un passaggio successivo é rivelatore: se gli studenti assimilano all'univesità le più disparate teorie del marxismo, finiranno comunque a lavorare come elite nei centri di potere ("al Banco National" dice Pablo).
Ma se questi giovani avranno letto "il conte di Montecristo" (e anche e soprattutto i romanzi di Salgari, aggiungo io), abbracceranno in modo molto più concreto e personale la causa della lotta ai soprusi e alle ingiustizie e alla cooperazione per la conquista dei diritti degli oppressi in ogni parte del mondo. Questo perchè il loro senso etico e morale sarà così profondamente radicato in loro, che non potrà essere comprato o manipolato in alcun modo.
E qui si chiude il cerchio: il potere sovversivo della letteratura in genere ricordato da Taibo II, nei romanzi del Nostro assume una grande capacità di indurre al pensiero libero e alla formazione di una nuova coscienza. Un apparente paradosso: il romanzo popolare di evasione che svolge funzioni di formazione inaspettate, il chè si traduce in una maggiore consapevolezza dei problemi e può sfociare in un maggiore impegno sociale.
Il tutto, non dimentichiamolo, senza necessità di mettere in campo slogan, simboli o bandiere.
Ancora alcune battute nelle quali lo scrittore amabilmente ci mette al corrente delle sue idee per un nuovo romanzo dove "le Tigri" tornano ad agire, questa volta nelle giungle metropolitane, ancora più fitte e pericolose, di questo nostro travagliato mondo contemporaneo.
Ci lasciamo tutti con un nuovo appuntamento alle 15 allo stand dell'editore italiano di Taibo, dove il moderatore promette dediche sorprendenti di Taibo per i volumi in vendita.
Ma io, che ho lasciato l'auto in divieto di sosta e di fermata, scappo di corsa per non diventare anch'io vittima del potere repressivo della polizia municipale torinese ...
Maurizio Musso
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