Emilio Salgari e le nuvole parlanti




In Italia gli anni d’oro del fumetto internazionale - ossia gli anni Trenta del secolo scorso - assistono alla versione a fumetti di alcuni capolavori salgariani. Questa iniziativa, il cui avvio risale al 1936 su “Topolino” con disegni di Guido Moroni Celsi, è proseguita ininterrottamente sino agli anni Ottanta[1], con riscoperte sporadiche anche successivamente, includendo le reiterate ristampe dell’editore Vaglieri di Milano e poi le estemporanee proposte suggerite ai creatori di fumetti dagli sceneggiati televisivi di Sollima (il primo risale al 1976), che aprirono il mercato a una quantità impressionante di prodotti all’insegna salgariana, dai quaderni, alle gomme da masticare.  Pressoché l’intera opera di Emilio Salgari (compresi non pochi racconti) e persino una parte di quella apocrifa, ha ormai ottenuto versioni in fumetti.

La più datata produzione di questo genere ha coinvolto un nutrito numero di disegnatori famosi, tra cui Rino Albertarelli, Walter Molino, Domenico Natoli, Franco Chiletto, Bruno Leporini, Raffaele Paparella e Guido Zamperoni, per citare i più noti.

Negli ultimi decenni non sono mancati ritorni di fiamma, accanto a “citazioni” e parodie (assai apprezzate quelle Disney[2] e quelle di Benito Jacovitti[3], queste ultime egregiamente commentate da Gianni Brunoro[4]), sino al “Giorgio Sandokan” di Alfredo Castelli, disegnato da Lucio Filippucci[5] e alle varie e simpatiche reminiscenze salgariane apparse in Dampyr, fumetto dell’editrice Bonelli (vedi ad es. il n. 21 intitolato Transylvanian Express)[6]

Dunque una assidua, persino tradizionale presenza di Salgari nei fumetti: presenza “ufficiale”, dichiarata, e già per conto suo meritevole di uno studio che si presterebbe a numerose considerazioni, incluse quelle riguardanti le fortune all’estero, poiché molti editori di fumetti salgariani, ad esempio Lotario Vecchi, hanno operato attivamente anche o soprattutto oltre i confini nazionali[7]

Tuttavia il discorso diventa ancora più intrigante se si prende in considerazione quella che, solo per comodità, potremmo definire “presenza occulta” di Salgari nel fumetto, ossia la vastissima e  inesplorata opera fumettistica che si è ispirata in vario modo al romanziere veronese, quasi sempre in singoli episodi, frammezzati al resto ma agevolmente riconoscibili. Ed è a questa particolare produzione che si intende qui prestare attenzione.

Per quanto riguarda gli anni Trenta e Quaranta la situazione di cui si tratta non può destare troppe perplessità se si considera che la lista degli sceneggiatori assoldati dai più diffusi periodici a fumetti (ad es. “L’Avventuroso” edito da Nerbini)  annovera scrittori salgariani (noti persino per la scrittura di romanzi apocrifi di Salgari) quali Luigi Motta, Emilio Fancelli, Paolo Lorenzini, Sandro Cassone, Riccardo Chiarelli e altri. Potremmo aggiungere Cesare Zavattini, di cui è nota la passione per l’opera di Salgari[8] , apprezzato soggettista di fumetti in quegli anni. Chissà quale spirito salgariano ha mosso la fantasia, ad esempio, dell'anonimo sceneggiatore, coadiuvato per la verità da un disegnatore poco incisivo, che ha inventato per l'editore fiorentino Nerbini le vicende di Capitan Miracolo, apparse nella collana “Albi per la gioventù” il primo giugno 1939. Questo personaggio, che si chiama “Cavaliere di Sant'Elmo” ed agisce nel 1573, è un miscuglio tra il protagonista de Le Pantere di Algeri e il Corsaro Nero, con tanto di forzuto uomo di colore (ricordate Moko?) a fianco . E a proposito della citata collana nerbiniana, è sufficiente leggere i titoli degli albi per comprendere quale aria tirava: Fra i selvaggi della Guiana, La Stella del Sud, I naufragatori misteriosi, L'uccisore di tigri e così via. Non mancarono, per la verità, editori e autori insospettabili, in apparenza lontani dalla letteratura salgariana: il caso più eclatante riguarda Giangiacomo Dalmasso che nel 1948, per l'editore Pasquale Giurleo, inaugurò la famosa serie Pantera Bionda, disegnata magistralmente da Enzo Magni (1914-1981)[9]. Ispirata vistosamente a Sheena, Tarzan al femminile (ideata da Will Eisner nel 1937 e comparsa nelle edicole l'anno successivo con i suggestivi disegni di Mort Meskin), Pantera Bionda ebbe peraltro – proprio per mascherare l'imitazione – una caratteristica diversa. Le sue avventure, anziché in Africa, furono ambientate nel Borneo. E tale ambientazione spinse Dalmasso ad attingere a piene mani nel repertorio di Salgari, come chiunque potrà facilmente appurare (non mancano all'appello neppure la dea Kalì e i tughs).

Ma anche i più noti sceneggiatori di fumetti di quel periodo e di quello immediatamente successivo hanno dimostrato dimestichezza con il mondo salgariano, e mi riferisco ad autori “classici” quali Andrea Lavezzolo (1905-1981) e Gianluigi Bonelli (1908-2001), che si possono definire romanzieri di avventure passati al fumetto. Mi riferisco inoltre ad autori famosi quali Luigi Grecchi (1929-2001) e Guido Martina (1906-1991.

Chi ha un minimo di dimestichezza con il rutilante mondo dei comics sa che mi sto riferendo ai più diffusi e amati albi della fine anni Quaranta e di tutti gli anni Cinquanta, campioni d’incasso ristampati a più riprese con immutato successo: Gim Toro e Kinowa di Lavezzolo, Tex di Bonelli, Il Principe del Sogno di Grecchi, Pecos Bill di Martina, per citarne qualcuno[10].

Se poi si effettuasse una ricerca sistematica nella sterminata produzione di quel periodo- ricerca mai affrontata[11]- si otterrebbero sicuramente risultati sorprendenti, come suggerisce la scoperta di una serie di 12 albi a striscia- molto in voga in quegli anni- dal titolo La tigre bianca, apparsa dal settembre al novembre 1950 a cura delle edizioni milanesi Nika (Via Vivaio n. 24). Ambientata “nel cuore dell’India”, contiene infatti numerosi riferimenti salgariani, dalla tigre addomesticata agli scontri nella giungla e così via.

Il Ciclo Indo-Malese di Salgari risulta, per la verità, quello più utilizzato quale serbatoio di situazioni o di rimembranze da parte degli sceneggiatori di fumetti, come dimostrano i tanti albi che stanno tra L’Ultimo pirata della Malesia, Albo d’Oro Mondadori n. 87 del gennaio 1948 e Le Tigri di Sarawak, fumetto per adulti della serie Helga, n. 20 del marzo 1970, dove ricompare la bandiera tigrata di Sandokan, sventolata da un moderno “Tigre” che rinnova, in negativo, risapute situazione salgariane. La stessa bandiera è sventolata in La Tigre della Martinica della serie Il Comandante Mark, n. 32 del gennaio 1975, albo che il trio EsseGesse ha senza dubbio ideato affinché titolo e copertina esibissero un impatto di inequivocabile marca salgariana.

Nella seconda metà degli anni Sessanta esplose il fenomeno dei fumetti per adulti: pornografia popolare che abbisognava di qualche trama di supporto. Capostipite fu Isabella (1966), spadaccina creata da Giorgio Cavedon e disegnata da Sandro Angiolini, ispirata all’Angelica dei coniugi Golon[12]. Ecco dunque nascere, pressoché in contemporanea, nel 1970, due corsare disinibite: Jolanda de Almaviva, di autori e disegnatori vari (tra i quali un Milo Manara alle prime armi) e Jolanka, di Luigi Naviglio (disegni di Pietro Gamba). Entrambe corsare per vendetta ed entrambe battezzate pensando a Jolanda la figlia del Corsaro Nero, rivelano qua e la rivisitazioni rivedute e corrette di certi capitoli “corsari” di Salgari, come ebbe a scrivermi, per quanto lo riguardava, il compianto Luigi Naviglio, noto scrittore di fantascienza impegnato allora in tutt’altre cose, quasi per gioco.

Sembra dunque che il fumetto nostrano, da quello “alto” a quello più dozzinale, sino ai prodotti che i puristi rifiutano (giustamente) di annoverare nel mondo dei comics,  sovente non possa fare a meno di Salgari, o di ciò che resta della sua opera nella memoria collettiva: appunto, un serbatoio obbligato di fantasie. In tema di fumetto “alto” sarebbe ingiusto non ricordare L’uomo del Bengala di Guido Buzzelli, pubblicato nel settembre 1979 dalle Edizioni Cepim (soggetto, sceneggiatura e prefazione di Gino D’Antonio) nella bella collana “Un uomo un’avventura”: le rimembranze salgariane sono indubitabili.

L’argomento, come si è visto, ha avuto in passato qualche sporadica attenzione ma non vi è dubbio che meriterebbe una più esauriente analisi, diretta a stabilire a quanto ammonti il debito che un mezzo di comunicazione così importante e diffuso come il fumetto ha, sin dalle origini, nei confronti di Emilio Salgari. E più recentemente?

Sarà una combinazione, ma il n. 493 (maggio 2002) di Zagor, eroe di punta della scuderia Bonelli, ha per titolo I Naufragatori: sono di scena i predatori del mare che attirano le navi verso le scogliere con falsi fari per poi derubare il carico e massacrare i naufraghi, tema caro a Salgari[13]; l’avventura si conclude con il numero successivo, intitolato La casa sulla scogliera… ed ecco il n. 495  intitolato Thugs! La copertina mostra Zagor colto di spalle in piena giungla da uno strangolatore che gli stringe al collo il classico laccio. Altrettanto dicasi per I grandi enigmi di Martin Mystère del 12 aprile 2003, intitolato Gli adoratori di Kalì. Dove abbiamo già visto queste scene[14]? D’accordo: Salgari non è stato il primo a descrivere gli strangolatori indù, ma è stato sicuramente colui che ne ha rese famose le “gesta”[15] nel nostro Paese ed è quasi logico pensare ai suoi vecchi, intramontabili romanzi.

 

(NOTA: Questo articolo è apparso su “Studi Piemontesi” di Torino nel dicembre 2002 e poi, variato e aggiornato, su “LG Argomenti” di Genova n.3 del 2004. Viene qui riproposto con nuovi aggiornamenti e nuove varianti, considerando che l'argomento è pressoché inesauribile.



Felice Pozzo



[1]              Cfr, P. ZANOTTO, Salgari raccontato a fumetti, in A.A.V.V., Salgari, le immagini dell’avventura, Pubblicazione edita in occasione della Mostra-Convegno promossa e organizzata dall’assessorato alle attività culturali della Provincia Autonoma di Trento, 1980, pp. 85-114.

[2]              Ad esempio Il Corsaro Paperinero e il Leone di Castiglia (1970), Il Corsaro Paperinero e i borsari dei Caraibi (1970), Sandopaper e la perla di Labuan (1976), Paperino e la nipote del Corsaro Nero (1977) ecc.

[3]              In particolare Sandocan, apparso sul “Corriere dei Piccoli” n.31 del 1977 e Il Salgarone (1997).

[4]              Brunoro ricorda come all’inizio degli anni Quaranta del secolo scorso gli eredi Salgari avessero intentato causa per plagio al periodico “Il Vittorioso”, dove rintracciarono fumetti di possibile derivazione salgariana. Jacovitti disegnò su quel periodico, nel 1942, una mezza pagina in cui i personaggi de “Il Vittorioso” sconfiggevano quelli salgariani, a puntualizzare le sorti della causa. E’ evidente che questo mio saggio non intende minimamente affrontare l’argomento con gli stessi intenti che mossero gli eredi Salgari! Non si è a caccia di plagi, infatti, ma di ispirazioni. E’ evidente a tutti che lo stesso Salgari ne trasse a migliaia in opere altrui.

[5]              Cfr. Almanacco del Mistero 2001, Milano, Sergio Bonelli Editore.

[6]              Devo questa segnalazione a Nicoletta Gruppi e a Corinne D’Angelo.

[7]              Cfr. E. FERRARO, Lotario Vecchi Editore, numero speciale di “Comics”, mensile di critica, storia e informazione sul Cartooning a cura dell’Archivio Internazionale della Stampa a Fumetti dell’Istituto di Pedagogia dell’Università di Roma, dicembre 1974.

[8]              F. POZZO, Emilio Salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000, pp. 26, 27. Nello stesso volume sono trattati gli scrittori sopra citati.

[9]              Cfr. F.POZZO, Un'eroina piena di fascino, in “La Sesia”, Vercelli, 26 agosto 2008.

[10]             Sugli sceneggiatori citati, fatta eccezione per Grecchi, cfr. C. DAGLIO, Emilio Salgari e i fumetti western italiani degli anni Cinquanta, in A.A.V.V., Salgariana in ricordo di Giuseppe Turcato, Verona, Biblioteca Civica, 1998, pp. 79-80. Sul Gim Toro di Lavezzolo cfr. F. POZZO, Gim Toro come Tremal Nayk, in “LG Argomenti”  n.1, 2002, Genova, pp. 46-50. Su Tex di G. L. Bonelli, cfr. A.A.V.V., Indossando Salgari, Udine, Associazione Friulana E. Salgari, 1987, p. 173 e G. FREDIANI, G.L. Bonelli- Sotto il segno dell’avventura, Milano, S. Bonelli, 2002, p. 88.

                Su L. Grecchi, cfr. C. PEDROCCHI, Cocktail di principi, in “Intrepido Classic” n.2, Cinisello Balsamo, 1992, pp. 5-7. Pedrocchi si sofferma sugli aspetti indù, di riconoscibile ispirazione salgariana, contenuti nel fumetto Il Principe del Sogno. Sarebbe peraltro agevole rintracciarvi episodi tratti da altri romanzi di Salgari quali, ad esempio, Capitan Tempesta.

[11]             In passato chi scrive ha segnalato qualche caso eclatante, rintracciato in fumetti “classici” quali Sciuscià (1949) di Tristano Torelli e in Il Grande Blek (1954) del gruppo torinese EsseGesse (Sinchetto, Guzzon, Sartoris). Cfr. F. POZZO, Fascino e magia del Corsaro Nero, Rho, Moscati, 1977, pp. 9-11, 36-37.

[12]             Crf. A.A.V.V., La grande avventura dei fumetti- Gli eroi, la storia, i segreti, Vol. III, Novara, De Agostini, 1990. p. 175.

[13]             Sul tema salgariano dei naufragatori cfr.: W. FOCHESATO, Mari e fari, predoni e preghiere, in “Andersen”, Genova, novembre 2001, pp. 22, 23.

[14]             Di un altro fumetto dell’editore Bonelli, Napoleone n.31, intitolato Lo strangolatore, si occupa diffusamente Sabrina Mancosu in internet (http://www.ubcfumetti.com.np/31.htm)

[15]             Cfr. F. POZZO, Salgari in Italia patrono dei Tughs, in “Il Fumetto”, Roma, febbraio 1982.


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