“QUALE MIRABILE UOMO QUEL CAPITANO!”

I segreti dei Naviganti della Meloria di Emilio Salgari



Una domenica d’estate del 1996, al mercatino dell’usato dei Navigli di Milano, mentre davo la mia consueta e datata caccia alle prime edizioni salgariane, mi capitò di notare una signora che chiedeva con ardore speranzoso a chiunque avesse libri sul banco se fosse disponibile una copia dei Naviganti della Meloria di Salgari. Siccome non è affatto vero che la curiosità è femmina, finii per chiederle il motivo della sua ricerca, dopo essermi presentato. La signora era di Chioggia e anche dopo il trasferimento a Milano leggeva regolarmente i giornali della sua città. Aveva  letto sul “Gazzettino di Venezia” che esisteva quel libro di Salgari, in parte ambientato a Chioggia e dintorni, di cui non aveva mai sentito parlare prima. Il suo entusiasmo si era accresciuto leggendo successivamente sul settimanale diocesano di Chioggia “La Nuova Scintilla”, un articolo che riprendeva a ampliava il discorso, soffermandosi sulle varie località e sui personaggi chioggiotti presenti nel romanzo.

Ci scambiammo gli indirizzi, perchépensavo di poterle regalare una copia del romanzo; fu poi così gentile da inviarmi le fotocopie di quegli articoli. Nel primo, intitolato Un tunnel sotto la Valle del Brenta (4 maggio 1996), lessi  che «gli storici locali non ne avevano mai sentito parlare» e che il divulgatore della notizia, un impiegato bancario di Chioggia, aveva rintracciato il libro una decina di anni prima ma non aveva mai condiviso la sua scoperta perché la riteneva «una chicca», tanto più che nella sua città nessuno ne possedeva una copia. Nel secondo, intitolato Salgari e i pescatori chioggiotti (18 maggio 1996), il giornalista Angelo Padoan, grazie al romanzo ottenuto in prestito dall’impiegato bancario, forniva ampie e interessanti notizie locali. Ho in seguito intrattenuto una breve corrispondenza con Angelo Padoan e ho utilizzato alcune delle ulteriori notizie locali che mi ha fornito in Una superba gita sotto la penisola, undicesimo capitolo del mio libro Emilio Salgari e dintorni (2000). Ho anche pubblicato un paio di articoli sulla stampa chioggiotta con riferimento al romanzo in questione e di ciò devo essere grato allo stesso Padoan, a Piergiorgio Tiozzo, conosciuto percorrendo altri sentieri salgariani, e a Cinzio Gibin.

Qualche tempo dopo, nel maggio 2002, su iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Chioggia e della biblioteca civica “C. Sabbadino”, ho partecipato a un piacevole incontro con gli studenti della scuola media “De’ Conti”, sezione staccata di Sant’Anna, che avevano compiuto studi e ricerche su I Naviganti della Meloria.

Com’è noto, questo romanzo, pubblicato nel 1902 con pseudonimo “E. Bertolini” (dove “E.” sta per Enrico, nome che piaceva a Salgari ma che qui non compare) narra di un tunnel sotterraneo che collega Chioggia a La Spezia, ossia l’Adriatico al Mar Ligure e viceversa. Il faraonico canale, secondo Salgari, sarebbe stato costruito verso il 1300 per iniziativa del capitano della repubblica genovese Luigi Gottardi con l’intenzione di sorprendere Venezia mediante l’attacco di un’intera flotta comparsa proditoriamente dalle viscere della terra!

Il titolo del romanzo allude naturalmente (lo scrive lo stesso Salgari nel capitolo XIII) alla battaglia avvenuta nel mare di Livorno, nei pressi delle secche della Meloria, il 6 agosto 1284. La flotta genovese comandata da Oberto Doria e Benedetto Zaccaria sconfisse quella pisana al comando di Alberto Morosini e del conte Ugolino della Gherardesca. Quest’ultimo, per aver effettuato una manovra sbagliata, fu accusato di tradimento e rinchiuso nella Torre dei Gualandi a morire di fame, come ci ricorda Dante. La pace tra le due città fu firmata nel 1288, a condizioni durissime per Pisa che dovette rinunciare alla Corsica, alla colonia di San Giovanni d’Acri, ai possedimenti sardi e cedere l’isola d’Elba in garanzia della spropositata indennità convenuta. Non avendo tenuto fede agli impegni, i pisani furono attaccati nel 1290 e sconfitti nuovamente.

In una lettera inviatami dagli studenti di Chioggia mi fu annunciata una brillante esperienza didattica ideata dal professore Cinzio Gibin: una escursione in mare sui luoghi salgariani alla ricerca dello sbocco della galleria. Non so se abbia avuto luogo. So però per certo che, al di là di questo istruttivo espediente per imparare divertendosi, esistono molte persone che, grazie alle precise  descrizioni salgariane, si chiedono se quella galleria sotterranea che attraversa l’Italia non esista davvero. Le ragioni per cui fu possibile a Salgari essere così preciso mi furono rivelate da qualcuno che si era preso a cuore l’argomento all’altra estremità del fantastico canale, a La Spezia: Sergio Del Santo, le cui ricerche mi sono state segnalate nel gennaio 2003 da persona amica. Il mese successivo Del Santo, che mi ero affrettato a contattare, mi inviava il testo di una sua conferenza sull’argomento, intitolata Anno 1889: un progetto di canale navigabile intermarittimo Venezia-Spezia. Quel testo non includeva Salgari, ma conteneva notizie decisamente interessanti. Presso una libreria antiquaria di Torino egli aveva acquistato una pubblicazione con dedica autografa degli autori, gli ingegneri veneziani G. A. Romano e G. V. Fiandra, al generale Fiorenzo Bava Beccaris (1831 – 1924): Studio Preliminare a programma di progetto di un canale intermarittimo Venezia – Spezia, edita a Venezia nel 1889 dai Fratelli Vicentini.

Si legge nel testo di quella conferenza:

«Un progetto che sembra uscito dalla mente di Jules Verne il quale, proprio in quegli anni, pubblicava i suoi romanzi di avventura ispirati al progresso scientifico. Ma il progetto di questo canale navigabile, che avrebbe attraversato tutta l’Italia settentrionale, valicato gli Appennini, superato il fiume Po e tutta una serie di altri fiumi, strade, ferrovie e canali, non è un’opera di fantascienza e nemmeno l’idea di qualche “inventore” in vena di proporre cose affascinanti ma impossibili. E’ invece un progetto scientificamente valido, che contiene soluzioni tecniche di grande interesse e che gli autori stessi dichiarano di «aver studiato assiduamente per tre anni e di essere giunti alla convinzione che sia tecnicamente possibile realizzare» […] Le motivazioni principali che stanno alla base del progetto non sono di carattere commerciale o economico, ma investono la strategia militare tanto da essere considerate di «suprema importanza per la difesa della Patria», come si può constatare da quanto dicono gli autori stessi: «Occorrono mediamente circa sette giorni perché un bastimento a vapore, che muova dall’estrema costa italiana dell’Adriatico pervenga a toccare l’estrema costa italiana del Mediterraneo. E’ ovvio quindi che i rapporti e gli scambi tra la parte costiera Adriatica e quella mediterranea siano tardi e costosi, assai più di quanto sia nell’interesse del commercio e dell’industria. E’ ovvio che la difesa delle coste debba essere, se non impossibile, da parte della Marina da Guerra, molto difficile, almeno sino a quando l’Italia non sia in grado di poter tenere in mare due flotte poderosissime, così che una possa difendere la costa mediterranea e l’altra, nello stesso tempo, la costa Adriatica. Se dunque vi è uno Stato il quale abbia supremo bisogno che un canale intermarittimo venga ad abbreviare le distanze tra i due mari che lo bagnano, questo è certo l’Italia.»»

Grazie alle circostanze sopra esposte, avevo fresca memoria del lavoro di Salgari in questione e le parole dei due ingegneri non potevano che farmi venire in mente quelle del romanzo:

«Il dottore non aveva nemmeno fatto attenzione alla domanda dello slavo. Si era alzato, e passeggiava on una certa agitazione attorno al tavolo, mormorando a più riprese:

- Quale fortuna per l’Italia!… Una flotta che in poche ore passa dall’Adriatico al Tirreno e viceversa!… Genova, Spezia, Venezia, quasi unite!…Chi oserebbe più minacciarle?»
[1]

E ancora:

«- Quale importanza strategica potrebbe avere questo canale, disse il dottore, il cui stupore aumentava sempre. L’Adriatico ed il Tirreno uniti da questo fiume sotterraneo!… Genova e Venezia a così breve distanza l’una dall’altra con Spezia allo sbocco!…Quale mirabile uomo quel capitano!…

- Lo trovate adunque così importante questo canale?- chiese padron Vincenzo, che in fatto di strategia non capiva un’acca.

- Ma pensate quale valore avrebbe nel caso che scoppiasse una guerra contro l’Italia!… La sua armata, per mezzo di questo canale, in ventiquattro ore potrebbe trovarsi improvvisamente o nel Tirreno o nell’Adriatico, pronta a difendere Genova, Spezia, Venezia ed Ancona senz’essere obbligata a fare il giro dell’intera penisola e quello che è più importante, senza poter essere in alcun modo veduta e bombardata.»
[2]

Se i due ingegneri mettono decisamente in secondo piano gli aspetti commerciali del loro progetto, il super patriottico Salgari non è da meno; anche per lui l’importanza del canale è essenzialmente di carattere militare e l’eroe di turno è addirittura disposto a spendere di tasca propria:

«- Vincenzo, avreste paura a seguirmi nelle viscere della terra?

Il lupo di mare, udendo quelle parole, aveva guardato il dottore con una cert’aria che pareva significare: Siete pazzo?

- Rispondetemi, - disse il signor Bandi.

- Ma… signore… Cosa sognate di fare?

- Di andar a cercare il canale della repubblica genovese.

- Ed a quale scopo esporvi a simile pericolo? Pensate, dottore: seppellirsi nelle viscere della terra, fra le tenebre più profonde.

- La cosa mi tenta, Vincenzo; per riuscire nell’impresa, sono pronto a sacrificare la mia possessione del Brenta, che vale un centinaio di mila lire.

- Sprecare una così enorme somma, dottore?

- Cosa importa? Voi adunque non volete persuadervi dell’immenso servigio che noi renderemo alla patria nostra?»
[3]

Un altro fatto mi venne in mente, perché ne avevo trattato sull’ Almanacco Piemontese1993 di Torino scrivendo (nel saggio Fra le carte salgariane) del suicidio di Luigi Salgari, il padre di Emilio, avvenuto nel novembre 1889, anno di pubblicazione a Venezia dello Studio Preliminare. Proprio allora il romanziere aveva lasciato Verona per un periodo di ferie e si era recato a Venezia. La circostanza poteva avergli consentito di rintracciare agevolmente la pubblicazione fresca di stampa. Poteva d’altronde averne ottenuto notizia grazie al suo lavoro giornalistico. Infine: la scoperta di Del Santo sistemava perfettamente i tasselli di un mio personale mosaico, riferito allo pseudonimo Bertolini. Avevo infatti già avuto modo di rilevare come Salgari avesse cura di scegliere l’uso dei propri pseudonimi secondo le circostanze e che Bertolini corrispondeva ad una maschera collegata a lavori assai prossimi al plagio. Sulla base di queste considerazioni scrissi a Del Santo: «Se potevo nutrire qualche dubbio circa la fonte salgariana, si è disciolto nei meandri del canale sotterraneo e non ve n’è più traccia». Durante i nostri colloqui successivi, Del Santo mi disse che intendeva metter mano al testo della sua conferenza per includervi Salgari e poi pubblicare il nuovo testo in un libro. Dal canto mio ho accennato alla sua scoperta trattando dello pseudonimo Bertolini[4]. Il 25 giugno 2004 Del Santo ha tenuto presso il Salone Sforza  dell’Accademia Lunigianese di Scienze “Giovanni Capellini” presieduta da Domenico Bevilacqua una conferenza intitolata Un progetto di costruzione di un canale navigabile intermarittimo Venezia- Spezia del 1889, utilizzando il nuovo testo destinato al libro. Contestualmente mi ha fornito alcune fotocopie dello Studio Preliminare dandomi libertà di scriverne.

Ed ecco dunque i punti più significativi.

Gli ingegneri veneziani situano come luogo di partenza del condotto la «estremità ovest del canale della Giudecca di Venezia»; Salgari – che immagina l’inizio degli scavi sotterranei partendo dall’altra estremità (La Spezia)- scrive invece che termina «presso Brondolo», ovvero poco più a sud.  Lo sbocco a La Spezia, al contrario, concorda perfettamente, tanto è vero che i personaggi salgariani, il cui viaggio nel sottosuolo segue fedelmente il progetto di costruzione (da est a ovest), ottengono alla fine questa descrizione:

«- Dottore, chiese padron Vincenzo, dove credete che noi sboccheremo?

- Nel golfo della Spezia, rispose il signor Bandi. […]

Giunti all’aperto, i quattro esploratori mandarono un fragoroso urrah!… Il golfo della Spezia, illuminato da un superbo sole, si apriva dinanzi ai loro sguardi stupiti. In lontananza biancheggiavano le case e le superbe fortificazioni della prima piazza forte d’Italia e pel golfo veleggiavano in gran numero barche pescherecce e fumavano dei grandi vascelli, forse le poderose corazzate della nostra squadra.»
[5]

Tenendo conto delle dimensioni delle corazzate del tempo, che erano larghe sino a 23 metri, gli ingegneri Romano e Fiandra proposero una larghezza del canale pari a 25 metri (in particolare nella galleria lunga nove chilometri prevista per attraversare gli Appennini nei pressi della Cisa), allargabile sino a 27 nei tratti di pianura allo scopo di ottenere una velocità maggiore. Ebbene: la galleria di Salgari è larga ventiquattro metri!

Consapevole del fatto che le navi del 1300 non sono certo paragonabili a quelle di fine Ottocento, Salgari precisa (pag. 133): «Pareva che quel valente ingegnere […] avesse anche pensato alle future dimensioni delle navi, dimensioni molto maggiori di quelle d’una volta».

Circa la galleria sotto la montagna, che nel Progetto è prevista alta trenta metri dal fondo del canale, Romano e Fiandra, confortati dall’opinione di ufficiali della Marina e di colleghi navali, ritengono che sarebbe utile, per evitare di dover alzare ulteriormente lo scavo, «ridurre a cerniera l’ultimo tratto dell’albero principale delle corazzate», ovvero «che i legni mercantili, al pari di quelli della marina da guerra, prima di partire da Venezia o da Spezia, ed anche lungo il viaggio, abbassino o dispongano orizzontalmente l’ultimo pezzo dell’albero».

Salgari, dal canto suo, scrive:

«- Quanti metri credete che vi siano fra la volta del tunnel e il pelo dell’acqua?

- Almeno una dozzina.

- Tanto da permettere il passaggio ad una corazzata che sia stata privata dell’alberatura.»
[6]

E ancora:

«-Potrebbero passare le moderne corazzate?

- E perché no? Basterebbe privarle degli alberi, diventati ormai inutili ed abbassare le ciminiere. L’acqua è sufficiente per le grosse navi e anche l’ampiezza del canale è tale da permettere il passaggio a qualsiasi vascello per quanto grosso possa essere.»
[7]

Il problema dello scavo appenninico non sfuggì a Salgari, naturalmente, ed anzi se ne servì per motivare l’ideazione del canale artificiale sotterraneo, anziché in superficie, aggiungendo altre motivazioni:

«- Perché il capitano Gottardi ha preferito scavare un canale sotterraneo, anziché aprirlo sopra? Mi sembra che la cosa potesse riuscire più facile.

- Forse v’ingannate, padron Vincenzo […] Innanzi a tutto il capitano Gottardi mirava a sorprendere la Regina dell’Adriatico, ciò che non avrebbe certamente potuto fare aprendo un canale visibile a tutti […] Poi credete che non avrebbe trovato dei grandi ostacoli? Quanti uomini e quali enormi somme avrebbe costato il taglio degli Appennini? Da Spezia a Sassuolo il terreno è quasi tutto montagnoso […] E poi un canale sotterraneo ha il vantaggio di non poter venire ostruito senza affrontare immense difficoltà.

- Mentre se fosse stato scavato sopra suolo, con poche torpedini sarebbe stato facilmente chiuso alle navi, disse padron Vincenzo.

- Precisamente, amico mio. Il nemico che potesse impadronirsi d’un punto qualunque del canale, non si troverebbe imbarazzato a renderlo inadatto alla navigazione. Basterebbero anche poche mine per rovinarlo.»
[8]

Motivazioni per lo meno opinabili, se si pensa piuttosto ai costi e al lavoro necessari per scavare un tunnel sotterraneo navigabile di circa trecento chilometri e molto più a rischio, anche dal punto di vista bellico, rispetto un canale «sopra suolo».

Ma Salgari stava barando e rubacchiando un po’. E poi sapeva che sulla copertina del suo lavoro sarebbe comparsa una maschera. Soprattutto, stava scrivendo un romanzo d’avventure.

Chiudo questo articolo un po’ anomalo, perché, tutto sommato, potrebbe far parte di un libro intitolato Memorie di un salgariano (che magari un giorno scriverò), ricordando come altre mie scoperte riguardanti I Naviganti della Meloria traggano origine da avvenimenti collegati al mondo scolastico.

In omaggio al soggiorno di Salgari, nel maggio 1986 gli fu intitolata una scuola elementare a Sampierdarena. Per l’occasione gli furono dedicate anche tre settimane di attività didattiche che coinvolsero il Consiglio di Circoscrizione, il Centro Civico “G. Buranello”, la Biblioteca Internazionale per la gioventù “E. De Amicis”, la Biblioteca “F. Gallino”, l’Ente Beni Culturali, l’Ente Decentramento Culturale e il Teatro Popolare di Genova. Nell’ambito di quelle manifestazioni, fui invitato ad una tavola rotonda sul tema Salgari: il fascino dell’avventura, che ebbe luogo il 22 maggio presso la Biblioteca “Gallino” con la partecipazione, ben più importante, di Pino Boero, Marino Cassini e Giorgio Cusatelli. Fu stampato anche un libretto intitolato Tigrotti, Bucanieri, Predoni…Avventura nella fantasia di Emilio Salgari contenente brevi testi (Pino Boero, Andrea Crivelli, Angelo Grosso, Felice Pozzo) e, soprattutto e per la prima volta, la riproduzione del certificato di nascita di Romero Salgari, il terzogenito di Emilio, nato a Sampierdarena, in Casa Rebora di Via Vittorio Emanuele (oggi Via della Coscia in zona S. Benigno), l’11 novembre 1898. Fu allora che scoprii con entusiasmo un fatto che era ed è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno, come insegna la celebre lettera rubata di Poe, ha notato. Risulta testimone, in quell’atto, Luigi Gottardi di anni 58, tenente colonnello medico. Capii allora la provenienza del nome che Salgari aveva assegnato all’ideatore del canale della Meloria!

Molto più recentemente lo scrittore Pier Luigi Gardella, con il quale ho condiviso tempo fa ricerche sui soggiorni a Bogliasco di Lady Margaret Brooke (ricordate James Brooke, il nemico di Sandokan?) mi ha segnalato la scoperta, da parte di Mino Pasini, del certificato di battesimo di Romero Salgari, conservato presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie[9] . E’ datato 22 febbraio 1899 e vi compaiono, come testimoni, Luigi Gottardi e sua moglie Elisa Salgari, cugina di Emilio. Entrambi si erano recati a Sampierdarena per festeggiare il lieto evento. Pertanto il Gottardi del romanzo non poteva che essere… genovese!

Salgari, allora, non solo ha immortalato nella sua rutilante opera i figli Fatima, Nadir, Romero e Omar, la moglie Ida, il cognato Ugo Peruzzi e tanti altri, ma anche il “cugino” Luigi Gottardi![10]



Felice Pozzo


[1] E. BERTOLINI (EMILIO SALGARI), I Naviganti della Meloria, Genova, Donath 1902, pp. 23, 24.

[2] Ivi, pag. 43. Pur trattandosi di un canale in superficie, anche quello progettato nel 1889 dai due ingegneri aveva queste caratteristiche «non esistendo allora la possibilità di controllare il canale dall’alto.» (Sergio Del Santo).

[3] Ivi, pag. 24.

[4] Cfr. EMILIO SALGARI, Storie con la maschera, a cura di Felice Pozzo, Atripalda (AV), Mephite 2003.

[5] BERTOLINI (E. SALGARI), I Naviganti della Meloria, pag. 232.

[6] Ivi, pag. 34.

[7] Ivi, pag. 44.

[8] Ivi, pagg. 133-134.

[9] Cfr. S. R. (SILVIA ROBIGLIA), Salgari a Sampierdarena: la prova nel cerificato di battesimo del figlio, in “Gazzettino di Sampierdarena”, aprile 2004. L’articolo è consultabile nel sito www.emiliosalgari.it.

[10] Romero (Ruiz) compare in Le Stragi delle Filippine (1897) e in Il Fiore delle Perle (1901); Ida (di Santafiora) in Le Pantere di Algeri (1903). Ugo Peruschi è tra i protagonisti de Al Polo Australe in Velocipede (1895), ed ha la stessa età che aveva in quell’anno Ugo Peruzzi, nato a Padova il 22 gennaio 1871. Nadir e Fatima compaiono in Il re della montagna (1895); Omar in La Favorita del Mahdi (1887).

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