La Crociera della Garonna

Appunti dalla lettura del romanzo Gli Scorridori del Mare



L’impressione generale che ho percepito da questa lettura, è quella di un romanzo “spaccato in due”: non solo per la doppia tematica, perché è per metà incentrato sulla tratta degli schiavi e per l’altra sulla pirateria, ma anche propriamente per come è stato scritto; a questo proposito, e' indubbio che la seconda parte è decisamente la migliore.
Questo non e’ un romanzo particolarmente brillante, ma in realtà la cosa non e’ dovuta tanto al fatto che manchino le avventure, o i “colpi di scena”, quanto al “modo” in cui il tutto è raccontato: la trama non e’ ben amalgamata, le frasi sono “spezzate” e, in generale, specie la prima parte, dà l’idea di una serie di “appunti”, buttati giù frettolosamente dall’autore.
Anche per quanto riguarda le descrizioni, queste sono ridotte all’osso, sia quelle del paesaggio, cui Salgari dedica sempre molta attenzione, sia quelle che narrano le azioni dei personaggi.
La “zampata” del Capitano si avverte dappertutto, ma e’ una zampata “immatura". Un romanzo fatto d’azione, proiezione degli entusiasmi e delle letture avventurose come quelle del giovane Salgari, con poca attenzione alla psicologia dei personaggi e, in generale, alla trama del romanzo, che e’ in effetti molto labile.
Almeno la prima parte potrebbe essere stata il punto di partenza per I drammi della schiavitù (edito qualche anno prima), la “versione” meglio riuscita. La seconda parte, dicevo, sembra la migliore, Salgari “si diverte” a narrare le vicissitudini dei pirati, un tema che sicuramente gli e' molto congeniale.

Per quanto possano sembrare talvolta strane, rispecchiano però quello che avveniva realmente nel mondo della pirateria: la prima nave che si arrende ai pirati dopo pochi colpi di cannone lo fa perché “cede alla forza”, a una nave più grande, con un equipaggio più numeroso e meglio armato. Era così, con un breve combattimento, che finivano generalmente gli scontri in mare quando si aveva a che fare con i pirati, perché erano le sole navi da guerra quelle che potevano “tenere testa” ai predoni del mare.
Orge dopo un bottino e saccheggi e ammutinamenti continui: Salgari dimostra di conoscere bene il mondo della pirateria, e quello degli Scorridori del mare è un mondo ben diverso da quello che emerge dalle pagine del suo più celebre ciclo dei Corsari delle Antille. Siamo in un’altra epoca (metà Ottocento), in un’altra scenografia (Oceano Pacifico), con pirati molto meno cavallereschi del Corsaro Nero e dei suoi fidi.
Per quanto, dicevo, la trama sia in effetti labile, ci sono due “immagini” che però sono decisamente “divertenti” e, per certi aspetti, “inconsuete” e che meritano di essere ricordate: la prima e’ senza dubbio lo scherzo del “fantasma” a bordo della Garonna, fantasma che e’ in realtà il negro Bango (che si e’ travestito con un lenzuolo bianco!) e che fa morire di paura tutti gli uomini dell’equipaggio, superstiziosi fino al midollo. D’altronde, proprio questa scena sarà illustrata da Giuseppe Garibaldi Bruno e usata come copertina del romanzo, segno che aveva colpito anche la fantasia e l’immaginazione di questo artista.
Il secondo siparietto curioso si ha a Canton, quando i pirati sbarcano in questa città per vendere le merci derubate e sono poi inviati a fare provviste per la nave. Beh, loro approfittano di questa fermata per andare a cercare nientemeno che un regalo al comandante!! Solo che hanno un modo poco ortodosso di sceglierlo, fanno andare in bestia la popolazione e ricevono da questa (descritta come un “nugolo di cinesi”) una sonora “bastonata” (con bastoni di bambù!), e riescono a salvarsi solo per pura fortuna da un attacco così inconsueto.
Insomma, e’ un romanzo che, a ben guardare, può comunque riservare delle sorprese, anche se resta comunque “di secondo ordine”, come Salgari stesso ci fa in qualche modo capire non firmandolo col proprio nome (ma con lo pseudonimo Romero).

Qualcuno ha ipotizzato che Banes, pur salvandosi alla fine del romanzo, in realtà muoia anche lui, perché decide di continuare la propria vita “a terra”. Se si accetta una simile considerazione per il finale degli “Scorridori”, però, bisognerebbe allora estenderla anche ai finali di vari altri libri, a partire da Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, dove abbiamo Morgan che abbandona la sua vita avventurosa di Corsaro per divenire un “tranquillo maritino” (e in realtà è quello che fa anche il Corsaro Nero!).
Posta la parola “fine” ad un romanzo, ed eventualmente fino al libro successivo della serie se presente, tutti i personaggi “muoiono”, perché cessano di vivere le loro avventure, hanno raggiunto il loro scopo che li aveva sorretti per tutto il libro.
Ma visto che sappiamo come, anche dopo aver letto la parola “fine”, quei personaggi continuino a vivere con noi lettori, penso si possa dire che nessuno di loro, in realtà, muoia davvero.
Salgari ha creato dei personaggi immortali!!

Infine, qualche curiosità, rintracciata nel testo.
Chi parla, nei primi capitoli, è spesso della gente “negra” e oltretutto, a parte i marinai della Garonna, in pieno entroterra africano e’ abbastanza difficile che ci siano altri “uomini bianchi”. Allora perché le guide indigene si riferiscono a coloro che stanno cercando definendoli “negri”? Basterebbe dire “uomini” della tribù avversaria! Probabilmente Salgari considera i “negri” che accompagnano i marinai della “Garonna” nella “battuta di caccia agli uomini”, solo come delle “pedine”, troppo preso dagli eventi; le loro discussioni quindi mal si adattano ai personaggi che le pronunciano.

Una seconda curiosità è la moltiplicazione, che invero ha del miracoloso, dei guerrieri del re Bango (nel quarto capitolo). Nell’arco di poche righe e di poche frasi passano dall’essere 150, poi 200, poi più di 200! E anche in seguito, ogni tanto Salgari perde il conto degli uomini, di cui, da bravo marionettista, sta tirando i fili.


Corinne “La Perla di Labuan” D’Angelo


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